Binance rimane in bilico: la Proof of Reserves non basta a tranquillizzare gli investitori

Fredrik Vold
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Ben lungi dall’essere considerata una testimonianza di virtù, l’audit della Proof of Reserves a cui si è sottoposta l’exchange Binance non ha fatto altro che preoccupare ancor di più gli utenti della società di CZ, che ora temono un suo prossimo crollo.

La società incaricata di stilare il rapporto della Proof of Reserves di Binance è stata la filiale sudafricana dello studio di contabilità globale Mazar, che in precedenza aveva curato anche la contabilità dell’ex presidente degli USA Donald Trump.

Il rapporto, rilasciato il 7 dicembre sotto forma di documento PDF di 5 pagine, è il risultato di un “impegno di procedure concordate” (AUP), di conseguenza è di portata limitata.

Secondo quanto emerso nelle 5 pagine del documento, le riserve Bitcoin di Binance hanno una collateralizzazione del 101%, ovvero l’exchange sarebbe in possesso di una quantità di BTC di poco superiore a quella necessaria a coprire i fondi dei clienti.

Non è abbastanza per soddisfare gli utenti

A dispetto di quanto indicato dalla PoR, però, Binance rimane un conglomerato di società e in quanto tale non è tenuta alla pubblicazione di rendiconti finanziari certificati, né ha mai indicato la chiara intenzione di volerlo fare in futuro.

Il Wall Street Journal ha intervistato diversi esperti di contabilità e finanza in merito alla questione, ed è subito apparso chiaro che i dati forniti da Mazars non sono sufficienti a soddisfare gli utenti.

Douglas Carmichael, professore di contabilità al Baruch College di New York, ha dichiarato quanto segue:

Non riesco a immaginare come il rapporto della PoR fornito da Mazars possa rispondere a tutte le domande che un investitore si farebbe sulla sufficienza della collateralizzazione.

Carmichael, che in passato è stato anche revisore capo presso il Consiglio di Sorveglianza Contabile delle Società Pubbliche degli Stati Uniti, ha proseguito dicendo che lo scopo del rapporto era quello di mostrare ai clienti che le loro risorse digitali “sono garantite, esistono sulle blockchain e sono sotto il controllo di Binance”.

Però ha anche aggiunto che considera sbagliato definire audit un rapporto di sole 5 pagine contenente una dichiarazione grossolana.

Anche il Wall Street Journal ha ribadito il concetto di Carmichael dicendo che il rapporto fornito da Mazars non può considerarsi un vero audit visto che non ha minimamente toccato i punti di maggiore importanza, come “l’efficacia dei controlli interni sulla rendicontazione finanziaria dell’azienda”.

L’articolo ha anche sottolineato che nel rapporto manca un’opinione, o comunque delle conclusioni rassicuranti da parte della società Mazars, e che questo lascia supporre che in realtà l’azienda Binance “non garantiva i numeri”.

Binance aveva annunciato il 25 novembre di aver chiesto la Proof of Reserves, ma in seguito ha usato il termine “risultati dell’audit” per giustificare un esiguo rapporto contenente una striminzita tabella con dei numeri che non sono supportati da alcuna prova di rendicontazione effettiva.

Fonte: Screenshot dalla PoR fornita da Binance

Servono più informazioni

L’ex membro del Financial Accounting Standards Board, Hal Schroeder, ha dichiarato al Wall Street Journal che il rapporto di Mazars sulla Proof of Reserves di Binance ha poca utilità se non viene integrato quanto prima dalle informazioni su come Binance conduce le sue operazioni interne.

Schroeder, che attualmente insegna contabilità alla Rutgers University, ha affermato:

Non sappiamo quanto siano efficaci i sistemi che Binance adopera per liquidare gli asset e coprire eventuali prestiti a margine. E sappiamo bene che negli Stati Uniti, anche con i buoni sistemi, è capitato che le banche siano state colte alla sprovvista.

Poi, riferendosi agli eventi relativi alla bancarotta di FTX, ha aggiunto anche: “Alla luce di quanto accaduto alle Bahamas, non posso e non voglio concludere che tutti i sistemi siano buoni”.

Gli utenti Twitter esprimono preoccupazione

Anche molti utenti Twitter hanno espresso la loro preoccupazione pubblicando dei post dove indicavano i punti deboli del report di Binance.

Uno dei tweet più rilevanti è stato pubblicato da John Reed Stark, impiegato veterano della SEC (Security and Exchange Comission) e fondatore dell’Office of Internet Enforcement all’interno della stessa agenzia.

Stark ribadisce ulteriormente il concetto riportato dall’articolo del Wall Street Journal e afferma che “il rapporto Proof of Reserves di Binance non affronta la questione relativa all’efficacia dei controlli finanziari interni, non esprime un’opinione, non garantisce i numeri e non fornisce nemmeno conclusioni rassicuranti”. Stark prosegue affermando che dopo aver lavorato alla SEC per oltre 18 anni, il rapporto pubblicato da Mazars è da considerarsi per definizione una “Red Flag”, ovvero un avviso di pericolo.

Jesse Powell, CEO dell’exchange Kraken, ha a sua volta risposto al tweet di Stark affermando che l’aspetto più preoccupante del rapporto Mazars è che sembra “più un tentativo di dimostrare garanzie collaterali piuttosto che riserve reali”. Powell ha poi aggiunto che “il trucco contabile collaterale è lo stesso esatto modo in cui FTX ha giocato sulla solvibilità”, e quest’ultima affermazione ha innescato i peggiori timori negli utenti della piattaforma.

 

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