La repressione del mining in Cina continua, ma qualcuno percepisce speranza

Tim Alper
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Le politica anti-mining sostenuta da Pechino continua ad intensificarsi in Cina, con i principali attori che apparentemente escono dal mercato e piattaforme di trading come BitMart che si attivano per bloccare gli indirizzi IP della Cina continentale. Alcuni miner della nazione non hanno però rinunciato al settore e percepiscono aria di nuove opportunità.

Fonte: Adobe / Lulla

Ieri, secondo quanto riportato da IT Home, la piattaforma cripto BitMart ha annunciato che “tutti i numeri di cellulare cinesi [continentali] o le relative informazioni di registrazione dell’account degli utenti che si trovano in Cina” avranno un accesso “limitato” alla piattaforma, con funzioni di chiusura delle transazioni ancora attive.

Tuttavia, non è possibile effettuare nuove transazioni dal continente, ed i tentativi per trasferire asset dal continente nei suoi portafogli “risulterà in un fallimento”.

Il media ha aggiunto che BitMart, con circa 5 milioni di utenti, è supportato da uno dei più grandi investitori in blockchain cinesi, Fenbushi Capital con sede a Shanghai.

Sina ha riportato che gli account WeChat collegati al provider di mining quotato in borsa Shenzhen Internet Online Cloud Computing sono stati sospesi, mentre anche le azioni della società hanno cessato di essere negoziate dopo che non è riuscita a pubblicare il suo rapporto finanziario FY2020.

Il media ha aggiunto che stava avendo problemi a stabilire un contatto con l’azienda attraverso i canali ufficiali, che sembrano inattivi.

E secondo Time Weekly, anche le cosiddette iniziative di “joint mining” sono state duramente colpite dalla recente repressione. Queste iniziative sono una svolta rispetto ai tradizionali modelli di cloud mining e consentono ai partecipanti di estrarre da remoto acquistando hashpower da fornitori di terze parti, i quali addebitano commissioni solo quando è stato coperto il costo iniziale degli acquisti di attrezzature dai miner. Tra queste iniziative è incluso il servizio B.TOP, gestito dal pool minerario BTC.TOP, mentre lo stesso media ha affermato che almeno tre di queste imprese di “joint mining” sono note per aver sospeso totalmente le attività.

Gran parte della comunità di mining cinese sembra essere stata presa alla sprovvista dall’ultima repressione. Alcuni hanno sperato di trasferirsi da regioni altamente dipendenti dal carbone, come la regione autonoma della Mongolia interna (IMAR), ad altre parti della Cina, dove le soluzioni energetiche più pulite come l’energia idroelettrica sono abbondanti.

Ma sembrerebbe che tutti i miner siano stati colpiti allo stesso modo dalla nuova politica in atto, con un miner che ha affermato: 

“La provincia del Sichuan ha presentato una serie di politiche di regolamentazione relative alle criptovalute più volte in passato, ma l’impatto sul settore non è stato significativo. Questa volta è diverso”.

Si ritiene che il Sichuan abbia una notevole eccedenza di energia idroelettrica che i miner affermano di ritenere “più rispettosa per ambiente”, e inoltre lascia “più spazio per un margine di manovra politico”.

Tuttavia, anche il Sichuan sembra voler tenere lontani i miner, talmente è stata efficace la messaggistica di Pechino su questo tema nelle ultime settimane.

Indipendentemente da ciò, Time Weekly ha affermato che “diversi” gruppi nelle app di chat collegati al mining e allo scambio di attrezzature sono ancora attivi e funzionanti, e non mancano nuovi aspiranti miner alla ricerca di posti in cui aprire un negozio o che pubblicano richieste sull’acquisto di attrezzature.

Una persona, che ha iniziato il mining di criptovalute due settimane fa, ha dichiarato ai media:

“Attualmente siamo in un periodo di adeguamento alla politica. Chi sta ancora effettuando mining non osa parlarne pubblicamente, ma penso che ora sia il momento migliore per entrare nel settore. Tante attrezzature per il mining stanno venendo scambiate e i prezzi [di installazione] stanno diventando più ragionevoli”.

Un miner veterano, tuttavia, ha lanciato un avvertimento; ha affermato che poiché “la regolamentazione è diventata più severa”, ora “l’attività di mining potrebbe non essere più adatta ai principianti”.

Altrove, l’exchange di criptovalute MXC la scorsa settimana ha annunciato che stava bloccando l’accesso dei “nuovi utenti” ad “alcuni dei [suoi] servizi”, incluso il margin trading e i futures “da alcuni paesi e regioni specifiche”. MXC non ha specificato quali aree sarebbero state interessate.

La piattaforma ha promesso “di rispettare le politiche e i regolamenti in evoluzione di ciascuna giurisdizione per creare un ambiente più sicuro e preservare il benessere e le risorse dei nostri utenti”.
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Per saperne di più:
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