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Chiude impianto di mining di Bitcoin in Norvegia e le bollette aumentano del 20%

bitcoin mining
Il centro di mining BTC ha consumato circa 80 GWh di elettricità all'anno.
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Laura Di Maria
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L’impianto per il mining di Bitcoin nel comune di Hadsel, in Norvegia, ha chiuso la scorsa settimana dopo le vive proteste per il rumore causato dagli impianti. Peccato che la chiusura comporterà un aumento del 20% della bolletta elettrica per i residenti.

Secondo una testata locale gli effetti secondari della presenza, e poi la successiva dismissione, dell’impianto non sono stati cosa da poco.

L’impianto di mining ha rappresentato una spina nel fianco per i politici e i residenti in prossimità della struttura. La fabbrica, molto esigente in termini di consumo energetico, ha consumato circa 80 GWh di elettricità ogni anno dalla sua apertura.

Nell’articolo redatto dalla Norwegian Broadcasting Corporation (NRK) si tratterebbe di un consumo pari a quello “di circa 3.200 famiglie in un anno”.

Inoltre, il rumore delle ventole che funzionavano 24 ore su 24 per raffreddare i computer ha causato grande malcontento nel quartiere.

Secondo un’indagine del 2022, il rumore della struttura crypto ha finito col rendere gli abitanti del quartiere infelici e persino “disperati”. Dal canto suo, l’azienda che gestiva l’impianto ha difeso a lungo la propria posizione, sostenendo che il rumore è sempre rimasto al di sotto dei limiti imposti dalla normativa nazionale.

Kjell-Børge Freiberg, sindaco di Hadsel, ha dichiarato a NRK che ora, il fermo totale delle attività della piattaforma ha riportato la gioia nel paese nordico. “Ora”, sostiene il primo cittadino, “siamo molto, molto contenti ad Hadsel”. Ha anche aggiunto che il data center ha rappresentato un problema fastidioso per i politici del posto e per i residenti negli ultimi tre anni.

Gli effetti indesiderati della chiusura dell’impianto di mining di Bitcoin: Aumenta il costo dell’elettricità del 20% per i residenti

La chiusura dell’impianto di mining Bitcoin ha portato a un aumento della bolletta elettrica per i residenti del comune. Questo perché l’impianto rappresentava il 20% delle entrate della compagnia locale di rete Noranett.

Noranett è tra le 85 compagnie che gestiscono la rete elettrica in Norvegia. Si occupa di garantire che l’elettricità venga trasportata dalle centrali elettriche ai clienti attraverso linee elettriche.

Con la chiusura del data center dedicato al mining crypto, “saranno gli altri consumatori di corrente elettrica a dover pagare quel conto”.

“Quando un cliente singolo così grande chiude i battenti da un giorno all’altro, genera un profondo impatto” ha spiegato Robin Jakobsen, responsabile della rete di Noranett.

Secondo le stime dell’impresa elettrica, già a partire dal mese prossimo i costi per le famiglie lieviteranno. Una famiglia media che ha pagato 12.000-13.000 NOK (1.000-1.100 euro) in un anno, dovrà pagare 2.500-3.000 NOK in più, dopo la cessazione delle operazioni di mining.

Il sindaco ha spiegato che il comune ora cercherà nuovi progetti che possano utilizzare l’elettricità rimasta. Sperano che questa mossa possa ridurre di nuovo la bolletta per i consumatori collegati alla rete elettrica.

“Questo è il modo in cui funziona il nostro sistema elettrico, che è al di fuori dell’autorità e del potere del comune. Dobbiamo affrontare questa situazione.”

L’attività dei miner si fa sempre più difficile

Le cose per i miner sembrano prendere una brutta piega. Di recente i dati di rendimento dell’attività di mining sono tutt’altro che incoraggianti e per il secondo mese successivo gli impianti sono in perdita.

I dati appena pubblicati sui rendimenti generati dal mining di Bitcoin ad agosto non promettono nulla di buono. Fino a quando il prezzo di BTC resta al di sotto o in prossimità della soglia dei 60.000 dollari, il calo del fatturato dei miner diventa preoccupante.

Secondo le indagini condotte dalla banca d’investimento Jefferies, il calo del prezzo medio di Bitcoin ad agosto di oltre il 4% e l’aumento dell’hashrate medio della rete di circa il 2,7%, hanno avuto conseguenze sfavorevoli sui rendimenti. In particolare l’hashrate di Bitcoin rappresenta un parametro chiave per comprendere il livello di competitività nel settore e la difficoltà nel minare nuovi token.

I miner ad agosto hanno subito, stando alle stime elaborate dalla banca, un calo del fatturato medio per exahash dell’11,8% rispetto al mese precedente.

Settembre non sembra promettere bene, viste le performance deludenti del token. Fintanto che BTC resta sotto i $60.000 e il tasso di hash della rete continua a salire, secondo gli analisti Jonathan Petersen e Joe Dickstein le prospettive per i miner non sono rosee.

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