Coinbase Ha Operato Contro I Propri Clienti Dopo Aver Promesso di Non Farlo?

Ruholamin Haqshanas
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Fonte: AdobeStock / Thomas Dutour

Coinbase ha smentito le accuse rivolte dalla testata Wall Street Journal (WSJ), in cui si riporta come, malgrado la promessa di non farlo, Coinbase ha testato un’operazione di proprietary trading che potrebbe portare a un conflitto d’interesse a danno dei suoi clienti.

In un post sul blog, Coinbase dichiara che il WSJ sembra confondere la natura della transazione effettuata all’inizio dell’anno attraverso Coinbase Risk Solutions (CRS), l’unità di recente costituzione dedicata agli investitori istituzionali che cercano supporto per entrare nel mercato crypto. 

Il WSJ ha riportato voci secondo cui l’unità è stata costituita per portare a termine operazioni di proprietary trading secondo “persone interne alla compagnia”. Il proprietary trading è una pratica legale eseguita da banche e istituti finanziari che impiegano i propri fondi nel trading per ottenere un profitto, invece di farlo per ottenere una commissione dai propri clienti. 

Tuttavia, il nodo della questione, secondo l’articolo, sta nel fatto che l’unità ha eseguito una transazione del valore di 100 milioni di dollari. Questa operazione è stata considerata come il primo proprietary trading della compagnia, quando Coinbase aveva dichiarato al Congresso lo scorso anno che non avrebbe condotto questo tipo di operazioni altamente speculative.  

Nella sua risposta, Coinbase sostiene che il WSJ confonde la definizione dell’operazione svolta. L’exchange crypto ha chiarito che non si è trattato di proprietary trading quanto piuttosto di una semplice “attività rivolta al cliente”. 

“Al contrario di molti nostri concorrenti, Coinbase non effettua operazioni di tipo proprietary trading né agisce come intermediario finanziario, market maker. Infatti, uno degli elementi distintivi della nostra piattaforma Institutional Prime è il nostro modello di trading, con cui operiamo solo per conto dei nostri clienti. Di conseguenza, i nostri incentivi e quelli dei nostri clienti si allineano di conseguenza”, si legge nel post del blog.  

Coinbase ha aggiunto inoltre, di acquistare periodicamente criptovalute per sé e per i propri clienti corporate, e che queste operazioni non si possono leggere come proprietary trading dato che l’exchange non esegue gli acquisti allo scopo di ottenere un vantaggio nel breve periodo puntando all’aumento di valore del trading delle crypto.

Coinbase sostiene che CRS non sta infrangendo nessuna regola 

D’altra parte, la risposta di Coinbase ha sollevato ulteriore interesse sul ruolo della CRS. L’unità che al momento comprende quattro ex trader di Wall Street ha il compito di offrire “soluzioni per investitori istituzionali strutturati che cercano un’esposizione nei confronti degli asset crypto”. 

Questo fa parte della strategia della compagnia che punta a integrare la partecipazione istituzionale ai progetti del Web3 che vadano oltre il semplice possesso passivo di criptovalute. 

Secondo Coinbase, il mandato segue un percorso già consolidato a Wall Street in cui le imprese offrono ai propri clienti diversi canali per ottenere un’esposizione a nuove asset class e quindi controllare l’esposizione al rischio. Data questa premessa, l’unità non contraddice quanto dichiarato al Congresso, cioè che Coinbase non fa proprietary trading.