Criptovalute e Dichiarazione dei Redditi. Lo Sapevi che…

Christian Boscolo
| 4 min read

Tra settembre e novembre gli italiani saranno chiamati a saldare il loro debito con il fisco tramite la compilazione del modello Redditi e del 730.  E visto che l’adozione delle crypto in Italia è in costante ascesa, (qui una lista di quelle a maggior rendimento)  saranno in molti a chiedersi cosa fare dal punto di vista fiscale. La domanda è infatti sempre la stessa: Le criptovalute vanno dichiarate al fisco? In quale modo? Quanto si paga?

Manca una legge sulle criptovalute

Ad oggi, come sottolineato anche nell’articolo di ieri sulla politica italiana, manca una legge in grado di definire e tassare le criptovalute in maniera soddisfacente. L’unico riferimento è infatti una risoluzione dell’agenzia delle entrate (sentenza del Tar del Lazio, la numero 1077 del 27 gennaio 2020,) che, come è noto, paragona le criptovalute alle valute straniere, con tutte le conseguenze del caso. È infatti prevista una aliquota fiscale del 26% sulle plusvalenze ma solo per importi superiori alla fantomatica soglia dei 51mila euro, equivalenti a 100 milioni delle vecchie lire.

Come dichiararle?

Le Criptovalute devono dunque essere dichiarate al fisco e, in particolare, segnalate all’interno del quadro RW nel Modello Unico per le persone fisiche della dichiarazione dei redditiIn caso contrario si rischia di incorrere in sanzioni che vanno dal 6 al 15% del patrimonio. Non esiste dunque una legge in merito (parliamo infatti di Risoluzione) ed è un vero peccato visto che, una normativa più trasparente potrebbe attrarre numerosi investimenti in Italia.

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Le criptovalute sono altamente volatili e non regolamentate. Nessuna tutela del consumatore. Potrebbe essere applicata una tassa sugli utili.

Qualche accortezza per risparmiare è d’obbligo

Partendo dal presupposto che dichiarare le proprie valute è sempre una buona idea, a meno di non voler incorrere nelle sanzioni di legge, esistono alcuni accorgimenti del tutto legali che permettono di diminuire la pressione fiscale sul proprio portafoglio crypto.  Vediamoli insieme.

Il primo riguarda gli investimenti familiari. La soglia dei 51mila euro è infatti intesa per ogni membro della famiglia, che giustamente, è una persona giuridica a parte. Questo significa che mogli, mariti e figli (se maggiorenni), possono essere titolari di  conti crypto, aumentando così la soglia oltre la quale è necessario pagare l’aliquota fiscale.

Il secondo consiglio riguarda invece l’utilizzo delle carte di credito che vengono messe a disposizione dai vari Exchange di criptovalute. Acquistare con queste carte può infatti contribuire al ribasso del vostro patrimonio crypto.

Tra le opinioni fuori dal coro c’è anche quella formulata da Andrea Russo di Crypto Fisco. Andrea è un dottore commercialista di Bologna specializzato in crisi di impresa. Secondo il suo parere, per un lavoratore dipendente è economicamente più vantaggioso presentare prima il 730 e poi successivamente il quadro RW (incluso nel modello redditi, il quadro RW è quello dedicato al monitoraggio degli investimenti patrimoniali e delle attività finanziarie detenuti all’estero). In questo modo è possibile ricevere il rimborso del credito relativo al 730 direttamente in busta paga. Presentando invece il quadro RW con il Modello Unico, il rimborso arriverebbe solo dopo uno o due anni e anche oltre.

E se facessimo i furbetti?

La domanda non sarebbe nemmeno da porre. Pagare le tasse è infatti, prima di tutto, un dovere civico. Senza contare che l’Agenzia delle Entrate è ormai in grado di tracciare i versamenti verso gli Exchange più importanti. Certo, esistono anche i Wallet, ovvero i portafogli digitali esterni utilizzati nella De-Fi, la finanza decentralizzata. Qui il tracciamento diretto è praticamente impossibile da parte del fisco, ma questo discorso vale fintanto che le valute rimangono nel portafoglio. Nel momento in cui verrà effettuato il bonifico verso la banca di appartenenza l’occultamento verrà svelato e scatteranno le sanzioni.

Un’idea innovativa per tassare le crypto?

Anche sulle modalità del calcolo della tassazione delle criptovalute esistono opinioni e idee più moderne. Andrea Russo, che abbiamo già citato in precedenza, propone infatti un metodo più semplice e intuitivo. Secondo il commercialista bolognese, infatti, sarebbe meglio pagare, sempre con l’aliquota del 26%, ma calcolando l’ammontare tramite i saldi bancari. In sostanza basterebbe calcolare la somma dei bonifici in uscita e di quelli in entrata (effettuati verso gli Exchange) per calcolare la plusvalenza.

Ecco un semplice esempio:

Se venisse effettuato un bonifico su un Exchange come Binance, ad esempio di 20 mila euro, e successivamente un bonifico da Binance sul nostro conto di 25mila euro, la plusvalenza sarebbe di 5mila euro. Il pagamento all’Agenzia delle Entrate sarebbe quindi del 26% di 5mila euro, pari a 1.300 euro. Questo metodo varrebbe per tutto. Anche in caso di trasferimenti da Binance verso i Wallet della De-Fi per acquistare NFTo altri investimenti.

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