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I Paesi BRICS vogliono una moneta sostenuta dall’oro ma non sarebbe meglio Bitcoin?

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Massimo De Vincenti
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Dal 22 al 24 agosto, i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) si sono riuniti a Johannesburg per il loro 15° vertice annuale. Questa riunione è stata particolarmente significativa poiché accompagnata da una mossa a sorpresa: l’espansione del gruppo per includere sei nuovi membri: Argentina, Iran, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto.

L’espansione ha scatenato una serie di discussioni sulla potenziale influenza geopolitica ed economica di questa nuova coalizione. L’aggiunta di nazioni come Arabia Saudita e Iran, entrambe importanti attori nel panorama geopolitico del Medio Oriente, sollevano interrogativi su come questa espansione possa influenzare il delicato equilibrio della regione.

Inoltre, gli Emirati Arabi Uniti, noti per il loro ruolo centrale nel commercio internazionale e nella finanza, portano una nuova dimensione economica al gruppo BRICS. Questa decisione potrebbe anche influenzare la politica energetica globale dato che alcuni membri BRICS sono tra i principali produttori e consumatori di energia.

Una delle questioni più dibattute riguarda anche il possibile cambiamento del nome del gruppo. Con l’aggiunta di nuovi membri che non fanno parte del BRICS originale, molti si chiedono se il nome stesso del gruppo debba essere modificato per riflettere questa nuova realtà. Alcuni suggeriscono “BRICS+” come possibile opzione.

Inoltre, molti sono preoccupati su come questa nuova coalizione possa affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare e le pandemie. L’aggiunta di nuovi membri potrebbe portare a una maggiore diversità di opinioni e strategie su queste questioni cruciali.

I BRICS: un ruolo cruciale nell’economia globale


I Paesi BRICS sono da tempo una forza da non sottovalutare nell’economia mondiale rappresentando un imponente 30% del Prodotto Interno Lordo globale e una significativa quota della popolazione mondiale. Un contributo di tale rilevanza è principalmente attribuibile ai giganti economici Cina e India.

Sebbene ciascun membro dei BRICS abbia già un impatto considerevole sulla scena geopolitica mondiale a livello individuale, rimane aperta la questione se il gruppo, nella sua configurazione collettiva, abbia effettivamente esercitato un’influenza coerente sugli eventi globali sin dalla sua fondazione nel 2009.

La mancanza di una chiara direzione potrebbe essere attribuita alle divergenze di interessi nazionali tra i membri del gruppo. Queste divergenze si sono rese evidenti in questioni come la disputa territoriale tra Cina e India nell’Himalaya e il conflitto russo-ucraino, che hanno complicato la formazione di una posizione unitaria sui problemi globali.

L’espansione recente del gruppo, con l’inclusione di sei nuovi membri – Argentina, Iran, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto – sembra essere un chiaro tentativo di sfidare il ruolo degli Stati Uniti nella geopolitica globale e nelle istituzioni internazionali.

Tuttavia, sebbene possa esserci un accordo generale tra i membri dei BRICS sull’obiettivo a lungo termine di ridimensionare l’influenza statunitense, rimangono interrogativi significativi su cosa dovrebbe effettivamente sostituire gli Stati Uniti in questo nuovo ordine.

La sostituzione degli Stati Uniti con la Cina come egemone globale, ad esempio, potrebbe non essere un obiettivo ampiamente condiviso tra i membri dei BRICS. Nonostante ciò, la crescente frammentazione geopolitica e il deterioramento delle organizzazioni internazionali esistenti potrebbero trovare sostenitori all’interno di questa coalizione.

Lo scorso incontro dei BRICS il presidente Lula ha lanciato l’idea di una nuova moneta sostenuta dall’oro. Per adesso gli altri Paesi partecipanti, con eccezione della Russia, non hanno voluto commentare. Il progetto ha però riscosso l’interesse di tutti anche al di fuori dell’alleanza degli emergenti.

I BRICS vogliono una valuta alternativa al dollaro?


Si è anche parlato molto di una valuta alternativa al dollaro sebbene al momento la proposta sia di difficile attuazione. Se è vero che le popolazioni dei BRICS sono il 40% di quella mondiale è anche vero che esistono alcuni requisiti importanti.

Il successo dell’euro può essere attribuito a diversi fattori chiave ma uno dei più significativi è il fatto che i Paesi aderenti, nonostante le differenze nei loro sistemi economici, condividono valori fondamentali all’interno delle loro società come la democrazia e il rispetto dei diritti umani.

Questo comune impegno  ha svolto un ruolo fondamentale nell’assegnare all’euro una solida base di successo. Il legame condiviso ha contribuito a rafforzare la coesione tra i membri dell’area dell’euro, anche in presenza di diversità economiche.

Il rispetto per la democrazia e i diritti umani non solo è un valore condiviso, ma è anche stato riconosciuto dai mercati finanziari come un elemento chiave nelle valutazioni di successo o fallimento nelle dinamiche economiche.

Questo ha fatto sì che il comune impegno verso questi principi fungesse da collante, consentendo ai Paesi aderenti all’euro di superare le sfide derivanti dalle differenze nei loro sistemi economici.

Euro e dollaro sono davvero in crisi?


Per rispondere a questa domanda prendo spunto da un post pubblicato da Davide Casaleggio su Linkedin:

“I ricorsi storici delle monete ci dicono che quando una moneta (nel nostro caso dollaro e euro) inizia a scollegarsi da un valore sottostante l’economia inizia ad andare in crisi.

Successe nell’impero Romano quando per finanziare le guerre si toglieva oro dalle monete in circolazione, successe alla fine dell’impero Bizantino quando si re-iniziò a svalutare il Solidus che durò mille anni proprio perché fu rispettata la volontà di Diocleziano che stabilì che ci fosse una percentuale fissa di oro al suo interno.

Oggi ci troviamo con una moneta (sia Euro che Dollaro) che è scollegata dal sottostante da ormai 50 anni e quindi è basata solo sul credito e sulla fiducia.

L’aver stampato il 40% di tutta la moneta già presente sul mercato nel giro di pochi mesi per gestire la crisi del Covid ha creato un impatto sulla svalutazione che oggi le banche centrali fanno fatica a contenere solo con i rialzi dei tassi perché dall’altra parte causano recessione.

Il fatto che nessuno voglia parlare della moneta BRICS prima di avere il progetto in essere è abbastanza naturale visto quello successo a coloro che hanno messo in discussione la moneta di riserva mondiale.

Ad esempio l’Iraq che aveva chiesto di vendere petrolio in euro appena prima di essere invaso o la Libia che proponeva una moneta africana supportata dall’oro in sostituzione al CFA appena prima di essere attaccata nel 2011.

Oggi tuttavia sembra esserci spazio per un cambiamento come dimostrano le compravendite di petrolio di Arabia Saudita, Iran, Pakistan e Russia non più in dollari, ma in yuan cinesi in dirham sauditi.

Al di là delle dichiarazioni i fatti sembrano indicare una chiara volontà dei BRICS sia di espandersi ad altri Paesi andando a superare quindi il 40% della popolazione mondiale rappresentata oggi (per fare un confronto i Paesi NATO rappresentano il 13% della popolazione del mondo), sia di accumulare oro che potrebbe essere quindi utilizzato come collaterale della nuova moneta.

La Russia ha quintuplicato le proprie riserve d’oro negli ultimi 15 anni, inoltre solo negli ultimi sei mesi la Cina ha acquistato ulteriori 102 tonnellate di oro e la Russia 31.

La Storia ci dice che una valuta di riserva mondiale dura circa 100 anni. Un secolo fa la sterlina ha ceduto il passo al dollaro, un secolo prima era il franco francese a passare il testimone alla sterlina. Le condizioni per una nuova valuta si stanno realizzando. La nuova moneta sarà il BRICS?”

Chi ha paura di R5 la moneta dei BRICS?


Ma davvero R5, così è stata chiamata, potrà rivaleggiare o addirittura sostituire il dollaro?  Ad oggi come abbiamo visto è molto difficile che una tale valuta possa diventare un punto di riferimento per i mercati valutari.

Anche con il sottostante (o collaterale, ndr) in oro chi di fiderebbe di una moneta governata da stati che non rispettano i diritti umani o sono delle vere e proprie dittature?

Non è forse meglio ricorrere a una valuta completamente neutrale o apolitica come Bitcoin, completamente decentralizzata e quasi impossibile da controllare? Una provocazione certo ma che non è nemmeno troppo lontana dalla realtà.

Bitcoin BSC: l’alternativa a Bitcoin


Anche i cloni di Bitcoin stanno vivendo un momento importante con BTC20 e Bitcoin Cash che hanno avuto risultati incredibili in questo inverno crypto. Vale dunque la pena dare un’occhiata alla prevendita di Bitcoin BSC.

Una delle chiavi del successo di Bitcoin BSC è il suo approccio innovativo  allo staking che contribuirà a stabilizzare il suo valore nel tempo. Lo staking è una pratica molto diffusa nel settore DeFi ma l’entusiasmo si è attenuato dopo l’implosione di alcune piattaforme di staking di alto profilo come quella di TERRA/LUNA. 

Bitcoin BSC ha adottato uno staking basato sulla BNB Smart Chain con rendimenti pagati in base alle conferme dei blocchi di Bitcoin. Complessivamente, il 69% dell’offerta totale di token sarà distribuito come ricompensa.

Lo staking offre ai possessori di token un modo per guadagnare interessi in base alla quantità di token depositati e al tempo dedicato allo staking, il che può sostenere i prezzi e offrire rendimenti interessanti.

Questa funzione è già attiva ed è possibile monitorarla in tempo reale consultando la Dashboard di Bitcoin BSC, che fornisce dati sull’attività degli stakeholder.

 

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