La blockchain non è solo criptovalute. Come funziona e quali i vantaggi per le aziende?

Christian Boscolo
| 7 min read

 

A distanza di anni dalla sua ideazione c’è ancora molta gente che confonde il concetto di blockchain quello di criptovalute. Una semplificazione che non permette di capire la portata di questa rivoluzione tecnologica. La blockchain, al contrario, comprende il mondo delle criptovalute e dei prodotti finanziari ma è molto di più.

Possiamo infatti immaginare la blockchain come se fosse un nuova Internet, dove le crypto rappresentano il segmento dell’e-commerce. Una parte importante, è vero, ma nessuno si sognerebbe di dire che Internet sia solo l’e-commerce. Anzi, possiamo facilmente affermare che l’e-commerce è un parte di Internet, così come le crypto sono una parte della blockchain.

Il web nella sua intierezza è infatti molto più vasto e comprende il mondo dei social network, dell’informazione, i servizi, il gaming e molto altro. Insomma, affermare che le crypto rappresentino il mondo blockchain è concettualmente sbagliato.

Le criptovalute ne sono l’espressione forse più semplice e, per molte ragioni, quella che più di tutte ha attirato l’attenzione. Ma c’è molto altro.

Che cos’è la blockchain?


Se cercate sul Web il significato della parola blockchain troverete tantissime definizioni, una diversa dall’altra. Anche perché dal punto di vista tecnico spiegare nel dettaglio che cos’è e come funziona è davvero un’impresa improba. Ma se vogliamo coglierne la funzione primaria possiamo affidarci a un frase che troverete quasi ovunque:

La Blockchain ci permette di scambiare valore senza la presenza di un intermediario.

Ad oggi molte aziende, anche italiane, vedono nella blockchain una tecnologia tangibile e in grado di migliorare molti aspetti della loro vita quotidiana. Una rivoluzione silenziosa che continua ogni giorno e non è minimamente interessata alle fluttuazioni del mercato crypto.

Anche le ultime vicende legate al fallimento di FTX e del nostrano The Rock Trading, giusto per citare gli esempi più famosi e recenti, poco hanno a che fare con il mondo blockchain così come le continue fluttuazioni di Bitcoin e di altre crypto.

L’inverno horribilis che abbiamo passato a causa dei fallimenti degli exchange non ha nulla a che fare con i progressi compiuti i ambito blockchain, che continuano ad andare avanti e mostrano un segmento in piena salute.

Secondo un report di Casaleggio e Associati Nel 2027 il 10% del PIL mondiale arriverà dalla blockchain. Si tratta di un report piuttosto vecchiotto visto che risale al 2018 ma rimane tuttora valido come stima.

Un segmento in piena salute


Pietro Azzara (Founder di Blockchain Italia.io), intervistato da Marco Montemagno in un video, ha raccontato la sua esperienza diretta e quella della società che dirige, nata per offrire soluzioni blockchain alle aziende. Attività che come ha lui stesso raccontato è esplosa esponenzialmente negli ultimi cinque anni. Da poche richieste al giorno, provenienti da istituzioni e aziende private, si è passati a decine al giorno.

Azzara fornisce anche un’interessante schematizzazione del tipo di soluzioni che vengono fornite e che si possono riassumere all’interno di tre ambiti principali: notarizzazione (dare data certa, integrità del contenuto e paternità a qualsiasi tipo di dato o documento digitale) tokenizzazione (rappresentare dati digitali o fisici con un token, quindi anche gli NFT) e pagamenti.

Secondo Azzara la strada è ormai segnata. Chi prima si approccerà a queste tecnologie avrà un vantaggio competitivo.

Blockchain qual è il suo segreto?


Torniamo al concetto principale della blockchain:

La Blockchain ci permette di scambiare valore senza la presenza di un intermediario.

Il classico caso di due persone che devono affrontare la vendita di un bene. Da una parte c’è il pagamento e dall’altra il bene che viene venduto. Per scambi importanti, come l’acquisto di una casa o di un terreno, di solito è richiesta la presenza di un intermediario come ad esempio una banca, che in cambio del suo servizio richiede il pagamento di una commissione.

La blockchain permette invece che lo scambio si verifichi senza la presenza dell’intermediario garantendo lo stesso livello di sicurezza (se non maggiore) e senza dover pagare commissioni.

Ma è anche molto di più. Immaginate la vendita di un bene dal costo elevato. Uno stadio, una società, un’opera d’arte. Ad oggi bisognerebbe essere in grado di trovare un compratore che disponga dell’intera somma, oppure di diversi compratori che si mettono insieme per acquistarla. Tutto questo genera costi multipli per gli attori coinvolti che dovranno rivolgersi a consulenti, avvocati e una banca che funga da garante.

Tramite la tokenizzazione o frazionizzazione, è possibile dividere il valore del bene in tante piccole parti, anche infinitesimali e venderle ad un numero imprecisato di persone.

Immaginate ad esempio di voler investire in un immobile anche solo 100 euro. Oggi sarebbe impossibile perché le commissioni sarebbero superiori alla cifra utilizzata. Con la blockchain dove le commissioni sono spesso inferiori a pochi centesimi di euro, rimane invece un’operazione fattibile.

Questo concetto può essere poi esteso a qualsiasi ambito, come quello finanziario relativo alle azioni di un’azienda.

La democratizzazione della blockchain


La blockchain permette quindi l’accesso a strumenti finanziari che fino ad oggi erano a disposizione solo di grandi gruppi o banalmente a chi ha accesso ad una banca, condizione non semplice da soddisfare ad esempio nei Paesi emergenti, dove l’accesso al credito è impedito da una serie di barriere finanziarie e sociali.

Anche in questo caso è bene precisare che tutto questo avverrebbe nel pieno rispetto della legalità grazie a verifiche che vengono fatte preventivamente per accertare (ma in maniera anonima) l’identità degli attori coinvolti.

Le blockchain di terza generazione


Un altro aspetto da tenere presente quando si parla di tecnologia blockchain è legato alla continua innovazione. Bitcoin, come quasi tutti sanno, è stata la prima lo blockchain della storia e si proponeva di risolvere l’aspetto centrale, uno scambio di valore in assenza di intermediari.

Entriamo quindi, volendo seguire la schematizzazione di Azzara, nel segmento dei pagamenti.

Bitcoin completa un blocco (la pagina del registro elettronico dove vengono scritte le transazioni) in dieci minuti. Appare dunque chiaro che nell’idea del suo creatore, Satoshi Nakamoto, bitcoin non è nato per transazioni veloci come l’acquisto di un caffe al bar.

La seconda blockchain è stata invece quella di Ethereum che ha introdotto il concetto di smart contract, delle vere e proprie applicazioni che possono dare a vita qualcosa di più complesso. Ma anche in questo caso, nonostante tutti gli sforzi compiuti ad oggi, Ethereum rimane una blockchain di seconda generazione ancora troppo lenta e con commissioni troppo alte.

Oggi le aziende si rivolgono prevalentemente verso le chain di terza generazione come Solana, Algorand, Avalanchem Near o Aptos e molte altre, che garantiscono una compilazione di un blocco in pochi secondi e hanno transazioni infinitesimali.

Parliamo inoltre di blockchain con algoritmo di consenso proof o stake, che ha consumi energetici molto ridotti a differenza del proof of work utilizzato da Bitcoin.

E a proposito di consumi, secondo lo studio State of Crypto 2023, commissionato da Andreessen Horowitz, possiamo constatare non solo come Ethereum abbia ridotto esponenzialmente i suoi consumi ma anche ridimensionare i consumi di Bitcoin che, come possiamo vedere, sono meno della metà di quanto consuma YouTube (244 TWh) o di quanto consumano globalmente i data center (200 TWh).

Lo stato della blockchain in Italia


Insomma, se siete scettici rispetto al mercato delle crypto, non dovreste esserlo per quanto riguarda la tecnologia blockchain. Secondo Adriano Di Luzio (CTO Algorand Labs), L’Italia è all’avanguardia in questo segmento e presto potremmo vedere anche a livello governativo l’utilizzo della blockchain all’interno di casi concreti.

Uno di questi potrebbe essere la gestione delle fideiussioni (somme a garanzia di un prestito un servizio) per quanto riguarda il nuovo Decreto Appalti. In questo modo un procedimento che può durare anni viene cristallizzato sulla Blockchain con tutti i benefici del caso.

Un altro caso concreto potrebbe essere la tokenizzazione di una società di qualsiasi tipo, andando a semplificare ulteriormente il concetto di crowdfunding per quanto riguarda gli investimenti. Il tutto senza avere i costi del notaio o dell’iscrizione alla camera di commercio.

Il futuro della blockchain?


Ad oggi è ancora difficile ipotizzare quale sarà il futuro della blockchain ma appare certo che la blockchain abbia un futuro. Come abbiamo visto  fa gola sia alle aziende private sia alle istituzioni che guardano con interesse a questa nuova tecnologia.

A esserne interessate, anche se può sembrare un paradosso visto che la blockchain nasce per ridurre il ruolo degli intermediari, sono soprattutto le banche. A fronte di problemi che vengono risolti, le chain hanno portato alla luce problematiche legate all’identità e alla custodia dei crypto asset.

Qui le banche potrebbero giocare un ruolo chiave, offrendo soluzioni di custodia e deposito delle crypto. Anche l’integrazione della DeFi potrebbe portare benefici, consentendo di investire a basso costo su semplici protocolli come quelli di lending e borrowing (prestare denaro e prenderlo in prestito) generando introiti che potrebbero coprire il costo del conto corrente con il minimo sforzo e rischio.

Le sperimentazioni riguardano anche la firma dei wallet su blockchain, che in prossimo futuro potrebbero arrivare ad una sorta di doppia firma, lato cliente e lato banca, per convalidare una transazione. Il tutto utilizzando strumenti digitali quotidiani come lo SPID o la carta di identità elettronica.

E per di più comodamente da casa e senza far spostare gli utenti come invece avviene oggi. Un risparmio, quindi, anche in termini di tempo e di emissioni di co2.

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