La crisi degli Exchange. In quanti forniscono la Proof of Reserve?

Christian Boscolo
| 2 min read

La crisi di FTX, non un Exchange qualsiasi ma il terzo per importanza nel mondo crypto, ha messo in crisi la credibilità dei CEX e il loro ruolo all’interno dell’ecosistema crypto. Se fino ieri erano considerati un porto sicuro dove “parcheggiare” i propri asset virtuali, adesso non è più così e dovranno riguadagnare la fiducia degli investitori.

Proof of Reserves: che cos’è?

Per evitare di ricadere negli errori di FTX, molti Exchange hanno proposto l’utilizzo della Proof of Reserves (PoR), una audit indipendente condotta da una terza parte per garantire che un Exchange detenga gli asset dichiarati. 

Il revisore acquisisce un’istantanea anonima di tutti i saldi detenuti e li aggrega in un Merkle Tree, una struttura di dati rispettosa della privacy che contiene tutti i saldi dei clienti. Da qui, l’auditor ottiene una Merkle Root, un’impronta digitale crittografica che identifica in modo univoco la combinazione di questi saldi al momento della creazione dello snapshot.

La situazione ad oggi?

Ad oggi solo nove cripto exchange si sono impegnati a garantire trasparenza in termini di asset posseduti, ma nessuno ha pubblicato i propri indirizzi per la POR, qui indicata come POF (Proof of Fund). Almeno secondo i dati mostrati da BSCDaily.

La trasparenza degli Exchange - Fonte: BSCDaily
La trasparenza degli Exchange – Fonte: BSCDaily

Binance e OKX hanno dichiarato che la forniranno nelle prossime settimane, KuCoin entro 1 mese, mentre gli altri si stanno attrezzando o non forniscono indicazioni.  

I volumi di scambio degli Exchange

Nella tabella è anche possibile apprezzare il volume di scambio dei vari Exchange. Binance è di gran lunga il primo, con volumi giornalieri pari a 14 miliardi. Al secondo posto c’è infatti Coinbase con 1,6 miliardi e, a seguire, Gate.io e OKX con 1 Miliardo. Crypto.com ha invece un volume giornaliero di 592 milioni di dollari. 

Cosa dobbiamo aspettarci?

Essere trasparenti oggi in termini di asset detenuti non è più un virtuosismo, ma un dovere per qualsiasi Exchange. In attesa si una normativa stringente in tal senso, vale la pena fare qualche considerazione. 

Purtroppo, ad oggi, un CEX (così vengono chiamati gli Exchange centralizzati) è ancora la soluzione più semplice per custodire le proprie criptovalute. La De-Fi e i vari wallet offrono un’alternativa valida ma non esente da rischi e soprattutto molto più complicata in termini di gestione.

La soluzione più sicura è invece quella di affidarsi a un cold storage, ovvero l’archiviazione degli asset su un hardware non connesso a Internet. Anche in questo caso ci sono però delle controindicazioni legate alla difficoltà dell’operazione (se non sapete come fare) e ai mancati introiti per gli interessi di staking.

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