Le autorità australiane indagavano sull’exchange FTX già prima del fallimento

Marcello Bonti
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Nuove indiscrezioni emergono sul caso FTX, l’exchange un tempo terzo al mondo e poi fallito in un battito di ciglia. Questa volta è protagonista l’autorità australiana sui titoli e gli investimenti, l’Australian Securities and Investments Commission (ASIC), che indagava sulla compagnia già da marzo 2022.

Sono oltre 30.000 gli investitori australiani che intendono recuperare i propri fondi privati per un valore complessivo di 1 milione di dollari australiani. In questo contesto c’è chi si sta interrogando sul ruolo dell’ASIC che aveva avviato indagini sulla cattiva condotta di FTX molto prima che la compagnia implodesse lo scorso 12 novembre.

Il Guardian ha pubblicato delle mail che confermano come FTX fosse sotto l’occhio vigile dell’autorità di sorveglianza in ambito borsistico.

Dai documenti emerge grave preoccupazione rispetto al criterio di determinazione dei prezzi degli asset e sulla conformità della licenza di FTX con la normativa australiana per i servizi finanziari (AFSL) che gli consentiva di operare nel Paese.

Le indagini sono iniziate nel marzo 2022 dopo che FTX ha lanciato prestiti a margine con una leva fino a 20x sul mercato australiano.

Gli investigatori allora non avevano a disposizione i documenti previsti per legge secondo la normativa dell’ASFL, per questo avevano richiesto un incontro in videoconferenza con i dirigenti di FTX lo scorso 30 marzo.

Durante la telefonata, FTX aveva ribadito la propria conformità coi regimi finanziari internazionali, vantando il possesso di 31 licenze di servizi finanziari.

L’incontro di marzo si è concluso con la rassicurazione da parte di FTX sulla volontà di collaborare con le autorità di regolamentazione nella lotta alle truffe crypto e l’assicurazione che avrebbe dato massimo supporto alle indagini della polizia australiana sui crimini legati alle criptovalute.

Ad aprile, l’ASIC ha emesso un “avviso S912C” per accedere a informazioni e documenti relativi alla conformità con i requisiti della licenza prevista dall’ente di vigilanza. Nei sei mesi successivi, l’ASIC ha inviato tre avvisi a FTX. E ha inviato due e-mail intitolate “FTX Australia Pty LTD – Summary of Current Concerns” (Sommario delle recenti problematiche) prima del crollo dell’exchange.

Gravi interrogativi emergono dalle indiscrezioni sulle indagini australiane 

Dalle rivelazioni sull’indagine dell’ASIC emergono seri interrogativi. In particolare, le autorità di regolamentazione finanziaria avrebbero potuto fare di più o agire prima per proteggere i soldi dei clienti?

La vicenda FTX ha attirato l’attenzione delle autorità di regolamentazione in tutto il mondo nei confronti delle criptovalute. È ragionevole credere che questa indagine spingerà i legislatori australiani a definire nuovi i piani normativi già quest’anno.

Ma come ha fatto FTX a ottenere la licenza che è servita per conquistare la fiducia degli investitori? La risposta a questo interrogativo è proprio l’elemento che ha permesso l’avvio delle indagini: i documenti chiave mancanti che hanno scatenato l’interesse dell’ASIC per FTX di fatto non sono mai esistiti.

Ecco cosa è successo.

FTX è riuscita a ottenere la licenza ASFL grazie all’acquisizione di IFS Markets (una piattaforma di trading online). La stessa IFS aveva acquisito la licenza acquisendo un’azienda chiamata Forex Financial Services.

GUARDA: L’opinione sul fallimento di FTX di Jason Guthrie, responsabile di prodotto per gli asset digitali di WisdomTree

In modo simile si è mossa anche Alameda (società sorella di FTX) per ottenere l’abilitazione per i servizi bancari e ricevere depositi dei clienti australiani.

Nel 2020, Alameda ha acquisito il servizio di pagamento OTC HiveEx (che gestiva un provider di pagamenti chiamato HiveSpend) per 300.000 dollari australiani.

La stessa HiveEx aveva una partecipazione nella banca australiana Goldfield’s Money, acquisita nell’ambito del progetto di apertura della prima banca crypto australiana.

Utilizzando HiveEx, Alameda è riuscita a nominare direttore Sam Bankman-Fried e a consentire i depositi in dollari australiani dei clienti di FTX. Però a maggio 2022 (dopo l’inizio delle indagini dell’ASIC), i clienti hanno segnalato un cambiamento nel PAYID, che non si serviva più dell’intermediazione di HiveEx.

In seguito Goldfield’s Money ha inviato una notifica agli account avvisando che i conti crypto sarebbero stati chiusi a partire dal 18 novembre, una settimana dopo il crollo di FTX. SBF continua a negare tutte le accuse e a dichiararsi innocente, ma tutto quello che ha detto finora sembra un tentativo di influenzare i testimoni; la storia continua.

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