Mining crypto – L’amministrazione Biden impone una tassazione del 30% sui consumi di elettricità

Marcello Bonti
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Le imprese di mining crypto negli Stati Uniti potrebbero essere aggravate da nuovi costi. È allo studio la proposta di applicare un’imposta del 30% sui costi dell’elettricità, per ridurre l’attività di mining. Insomma, se oggi è difficile trovare chi sia disposto a comprare bitcoin, presto potrebbe diminuire ulteriormente il numero di compagnie disposte a minarlo.

Secondo un documento integrativo al bilancio del Dipartimento del Tesoro, qualsiasi azienda che utilizzi impianti di mining di proprietà o a noleggio sarebbe “soggetta a un’accisa pari al 30% dei costi dell’elettricità utilizzata per il mining di asset digitali”.

Secondo la proposta, la tassa potrebbe essere applicata dall’anno prossimo, gradualmente nell’arco di tre anni con un incremento del 10% annuo, fino a raggiungere l’obiettivo del 30% entro la fine del 2026.

I miner crypto dovranno inoltre dichiarare la quantità e il tipo di elettricità che utilizzano. Anche i miner che usano elettricità off-grid, cioè al di fuori della rete di distribuzione, sarà soggetto all’imposta.

L’Amministrazione Biden contro il mining crypto


L’obiettivo è dichiaratamente repressivo. La proposta mira a ridurre l’attività di mining “e il relativo impatto ambientale e gli altri danni”. Il Tesoro ha spiegato che il consumo energetico per il mining fa crescere il costo dell’elettricità di chi condivide la stessa rete elettrica e mette a rischio le comunità locali.

“L’aumento del consumo energetico da imputare all’aumento delle attività di mining di asset digitali ha effetti ambientali negativi, oltre ad aumentare il prezzo dell’energia per coloro che condividono la rete elettrica con i miner”. Inoltre, si legge nel documento:

“Il mining crea incertezza e rischi per i servizi pubblici e le comunità locali, poiché l’attività è molto variabile e altamente mobile. Un’accisa sull’uso dell’elettricità potrebbe ridurne l’attività, il relativo impatto ambientale e altre complicazioni.”

Non si è fatta attendere la risposta piccata della community crypto che ha evidenziato l’incongruenza della proposta. “Se si ha a cuore il clima, si dovrebbe penalizzare/tassare l’impronta di carbonio del mining crypto, non l’impiego totale di energia”, ha dichiarato John Buhl, sviluppatore crypto, in un recente tweet.

La nuova proposta arriva appena una settimana dopo che il senatore degli Stati Uniti Edward Markey e il rappresentante Jared Huffman hanno rivelato l’intenzione di reintrodurre al Congresso il Crypto-Asset Environmental Transparency Act. Si tratta di una proposta di legge che punta a promuovere una maggiore trasparenza sul mining crypto e il suo impatto ambientale.

Se dovesse essere approvata, la proposta di legge imporrebbe alle imprese di cripto-mining trasparenza sui dati delle emissioni per le operazioni che utilizzano più di 5 megawatt di potenza. Lo stesso vale per le mining farm che raccolgono più impianti sotto la stessa proprietà che cumulativamente consumano da 5 megawatt in poi.

Inoltre, la legge prevede che il capo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) guidi un’indagine inter-agenzie sugli effetti del miing crypto negli Stati Uniti. Lavoro che disporrebbe di un budget di 5 milioni di dollari e dovrebbe portare evidenze entro 18 mesi dalla ratifica della legge.

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