SBF rischia 150 anni di prigione come Bernie Madoff? Guardate il documentario su Netflix…

Christian Boscolo
| 4 min read

In questi giorni su Netflix è disponibile un documentario molto interessante: Madoff- il mostro di wall street che racconta ascesa e declino di Bernie Madoff, uno dei più stimati uomini d’affari di Wall Strett capace di mettere in piedi uno scherma ponzi durato quasi 30 anni e conclusosi solo con la crisi finanziaria del 2008. Si stima siano stati sottratti oltre 64 miliardi di dollari versati da banche, uomini d’affari e persone comuni. 

Iriving Picard, curatore fallimentare della vicenda Madoff in una foto dell'epoca
Bernie Madoff in una foto che lo ritrae al momento dell’arresto 

Madoff riuscì a cavarsela per così tanto tempo anche grazie all’incompetenza della SEC (Security Exchange and Commission) l’organo di vigilanza borsistico americano che, nonostante le tante segnalazioni nel corso degli anni, non operò alcun controllo sull’operato di Madoff e, quando costretta, lo fece in maniera frettolosa e superficiale.

Inoltre, questi controlli poco efficaci contribuirono ad aumentare la fiducia degli investitori in Madoff gonfiando ulteriormente la truffa. Sarebbero infatti bastati alcuni controlli di base per bloccarla quando ancora era agli albori, con con appena 6-7 miliardi di dollari investiti.

Analogie con la vicenda di SBF

Insomma, guardando questo documentario è facile rendersi conto delle analogie con la vicenda di FTX, Alameda Research e del CEO Sam Bankman Friedman. Sebbene l’ascesa e il declino di FTX abbiano riguardato un orizzonte temporale più limitato, anche in questo caso sarebbero spariti fondi per quasi 39 miliardi di dollari.

Madoff, morì nel 2021 dopo che gli era stato diagnosticato un tumore nel 2009, e venne condannato a 150 anni di prigione. Una punizione senza precedenti negli scandali di questo tipo, commutata per punirlo dell’enorme male che aveva generato.

Basti pensare ai diversi suicidi di banchieri e alla morte dei suoi due figli (apparentemente estranei alla truffa di Madoff) il primo a causa di un suicidio e il secondo per un linfoma. Ma a soffrire furono tantissime persone anche per la decisione del curatore fallimentare di operare una scelta senza precedenti.

Il curatore: Irving Picard

Nella vicenda Madoff assume un ruolo chiave anche Irving Picard, ovvero il curatore fallimentare nominato per restituire ai clienti di Madoff quanti più soldi possibili. Un po’ come nella causa FTX, dove il curatore oggi è John Ray III.

Iriving Picard, curatore fallimentare della vicenda Madoff in una foto dell'epoca
Iriving Picard, curatore fallimentare della vicenda Madoff in una foto dell’epoca

Avendo ricostruito nei dettagli lo schema ponzi operato da Madoff grazie alla testimonianza di FranK Di Pascali, Picard chiese soldi anche a chi aveva guadagnato nella truffa (In uno schema Ponzi, infatti, a guadagnare sono anche i primi investitori che ricevono per anni profitti impossibili, ndr). I grossi fondi e le banche non ebbero problemi a restituire parte di quanto guadagnato, ma i piccolo investitori, che avevano già speso quei soldi, furono costretti in alcuni casi a vendere la casa.

Personalità controversa, Picard riuscì in ogni caso a recuperare quasi 19 miliardi di dollari, una cifra senza precedenti in questo genere di truffe.

LA SEC fa l’ennesima figuraccia

Ma il documentario mette in luce anche le numerose mancanze della SEC. A cominciare dai vertici che hanno subito il fascino e il carisma di Madoff, tanto da non effettuare controlli approfonditi, ma limitandosi a chiedere allo stesso Madoff se c’era qualcosa che non andava. Le mancanze proseguono a livello di personale, con auditor giovani e inesperti e facilmente manipolabili. 

In una conferenza tenuta nel 2016 da Harry Markopolos, l’uomo che aveva avvertito a più riprese la SEC che era probabilmente in corso uno schema ponzi, ha affermato che l’intero sistema della revisione contabile è inefficace nel prevenire le frodi, auspicando una sua completa riforma.

Ha spiegato che i funzionari che effettuano gli audit sono giovani sottopagati e costretti ad orari di lavoro estenuanti, e le checklist che sono costretti ad applicare sono progettate per “navigare attorno alle frodi” (cioè a non vederle). 

Ditemi un solo caso di una grande frode fatta da una grande società che è stata scoperta da una delle Big Four della revisione

ha chiesto provocatoriamente Markopolos 

Non ce ne sono. Se è così, a che cosa serve l’audit?

Negli USA la percentuale delle frodi scoperte dagli auditor esterni è stata il 4% del totale. La maggior parte delle frodi è stata scoperta grazie alla collaborazione di dipendenti interni che avevano collaborato alle stesse frodi (i cosiddetti whistleblower). Nella stessa conferenza Markopolos ha proposto di far pagare i costi degli audit agli investitori e non e alle società auditate e di prevedere compensi maggiori per gli auditor, che dovrebbero essere scelti tra persone con una lunga esperienza nel settore.

Conclusioni

Insomma le analogie tra questi due personaggi non mancano. Entrambi hanno sottratto decine di miliardi agli investitori e hanno terminato la loro truffa solo quando scoperti. Entrambi hanno spesso milioni in attività di lobbyng (Madoff è stato tra i fondatori del Nasdaq, mentre SBF ha elargito soldi a politici USA) ed entrambi sono stati dei pionieri nella loro attività: Madoff è stato tra i primi a utilizzare un computer, SBF a utilizzare Bitcoin e criptovalute.

Una similitudine che potrebbe costare una pena esemplare anche a SBF. E sono tanti gli investitori che se lo augurano in questo momento…

Le due vicende hanno in comune anche la mancanza di controlli da parte degli organi preposti. Nel guardare il documentario è difficile non provare un moto di rabbia per la SEC, oggi in prima linea per cercare mettere le mani sulle crypto considerate in gran parte come titoli azionari, ma inefficiente quando si tratta di applicare controlli su personaggi potenti e influenti.

Curioso invece notare come l’unica differenza riguardi le posizioni dei due imputati. Madoff si dichiarò colpevole nel 2008 per evitare un processo mediatico che avrebbe distrutto completamente la sua famiglia e che probabilmente avrebbe coinvolto anche altri personaggi scomodi del mondo della finanza. E per questa ragione non ebbe la libertà vigilata su cauzione fino al processo.

SBF si è invece dichiarato non colpevole e sarà in libertà vigilata grazie a una cauzione da 250 milioni di dollari, fino al processo. 

 

 

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