Secondo una ricerca, quasi nessuno denuncia le crypto al fisco!

Sauro Arceri
| 2 min read

Il 5 aprile Divly ha pubblicato il “Global Cryptocurrency Taxation Report 2022“. Il rapporto contiene alcune sorprendenti statistiche dalle quali si evince che, in tutto il mondo, investire in criptovalute offre l’opportunità di eludere il pagamento delle relative imposte sui profitti.

La ricerca ha fatto una stima della percentuale di investitori che hanno dichiarato i propri beni alle autorità fiscali locali nel 2022. Secondo i risultati, lo scorso anno quasi nessuno ha dichiarato le proprie attività di trading o di investimento in criptovalute.

“Stimiamo che nel 2022 solo lo 0,53% degli investitori, a livello globale, abbia dichiarato la propria attività in criptovalute alle autorità fiscali locali”.

Tutti evitano le tasse sulle criptovalute?


In termini di ratei di pagamento, la Finlandia è in cima alla lista con il 4,09%: ovvero la percentuale di investitori che nel 2022 hanno effettivamente pagato le tasse sulle criptovalute nel Paese.

Gli australiani si sono piazzati al secondo posto, con il 3,65% di investitori che hanno pagato alcune tasse sui loro profitti derivanti da asset digitali. Inoltre, secondo la ricerca, solo l’1,62% degli americani ha pagato le tasse sulle criptovalute lo scorso anno. Le Filippine hanno registrato il rateo di pagamento più basso, invece, con lo 0,03% appena.

Nella lista dei 24 Paesi di cui è stata stimata la percentuale di investitori che pagano le tasse sui profitti delle criptovalute, gli Stati Uniti si collocano al decimo posto.

Anche se la percentuale è bassa, gli Stati Uniti rimangono il Paese con il maggior numero di contribuenti. Ciò è probabilmente dovuto al controllo eccessivo che l’Internal Revenue Service (IRS) esercita sulla vita degli americani. Il rapporto dice anche che i tassi di conformità fiscale degli Stati Uniti sono raddoppiati dal 2018.

In termini di continenti, invece, l’Asia è risultata la più bassa con un rateo di pagamento dello 0,20% appena.

Metodi di ricerca discutibili?


C’è da sottolineare, però, che i metodi di calcolo adoperati da Divly sono stati a dir poco discutibili.

La ricerca infatti, per ottenere la stima del numero di investitori che hanno dichiarato le loro attività alle autorità fiscali, si è limitata a utilizzare una combinazione di “cifre ufficiali del governo e dati sul volume delle ricerche“. Il risultato sarebbe quindi falsato dall’elevata probabilità che i governi sottostimino ampiamente il numero di persone che pagano le tasse.

Inoltre ha analizzato la relazione tra il numero di persone che hanno dichiarato le loro attività in criptovalute nella dichiarazione dei redditi e il volume di ricerca di parole chiave relative alle criptovalute in un singolo Paese. Si tratta di un metodo molto vago per determinare i dati, quindi le cifre pubblicate nel rapporto devono essere prese con le proverbiali pinze.

All’inizio di questo mese, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha proposto un bilancio che includeva una disposizione per colmare la lacuna relativa alle perdite fiscali sulle transazioni di criptovalute, e permettere così la loro riscossione.

Gli investitori, per tutta risposta, hanno utilizzato un metodo che consisteva nel vendere un asset e riacquistarlo successivamente, in modo da ridurre le tasse sui profitti ottenuti.

A fine marzo, BeInCrypto ha riferito che l’IRS ha annunciato di voler prendere in considerazione anche la tassazione dei token non fungibili (NFT).

 

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