È davvero possibile che il Governo decida di tassare gli AirDrop?

Lucio Prosperi
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AirDrop è una delle parole preferite da ogni investitore in criptovalute. Del resto è piuttosto logico che questo concetto piaccia, visto che si parla di token gratuiti che arrivano sul proprio wallet. C’è davvero qualcuno che potrebbe “dire di no” e non apprezzare il “gesto”? La SEC, ovviamente.

E come ti sbagli. Del resto quando c’è da rompere le uova nel paniere agli appassionati di crypto, la commissioni americana, forte del suo ruolo di guardiano finanziario, è sempre in prima linea.

Questo però ci permette di fare il punto della situazione sugli AirDrop. C’è davvero la possibilità che vengano tassati?

Esploriamo insieme quali sono le lacune legali che circondano un aspetto delle criptovalute che spesso i Governi faticano a comprendere ma che, per non saper né leggere né scrivere, desiderano ardentemente tassare.

Un gruppo crypto intenta causa contro la SEC


Il dibattito sullo status fiscale degli AirDrop sta animando le discussioni, in particolare negli Stati Uniti dove il terreno è minato dalle domande e dalle azioni legali della SEC.

Già nel 2018, l’autorità fiscale americana ha avviato un’azione legale contro Tomahawk Exploration LLC per l’AirDrop gratuito, a fini di marketing, dei “Tomahawk coins”.

Nel 2022, l’agenzia ha poi replicato, intentando una causa contro la società Hydrogen Technology Corporation per aver distribuito gratuitamente i token “Hydro”, sempre a scopo di marketing, e aver “creato un mercato secondario”.

Secondo la SEC, non c’è spazio per dubbi: questi token generano reddito, sono considerati titoli mobiliari – in quanto emessi da un’azienda e acquistati dagli investitori come mezzo per investire i propri fondi e trarne profitto – e quindi devono essere soggetti a tassazione.

La SEC, come sempre, applica il test di Howey, che molti però considerano ormai obsoleto. Si tratta di un criterio utilizzato per stabilire se determinate transazioni rientrano nella definizione di “investimento in titoli” ai sensi delle leggi federali sui titoli mobiliari.

Il test di Howey – che prende il nome da un caso giudiziario importante della Corte Suprema degli Stati Uniti, SEC vs W.J. Howey Co. – ha stabilito i principi fondamentali per determinare se un accordo costituisce un investimento in titoli.

Tra chi ritiene questo test ormai antiquato c’è il “De Fi Education Fund” (DEF), che ha intentato una causa contro la SEC presso un tribunale federale del Texas, sostenendo che Beba, un’azienda di abbigliamento con sede in Texas, non abbia violato le leggi americane sui titoli mobiliari distribuendo gratuitamente il proprio token BEBA ai suoi clienti.

Gli AirDrop verranno tassati?


La logica è semplice: la base del test di Howey parla di un “investimento di denaro” per una merce. Tuttavia, nel caso di un AirDrop gratuito… beh, non c’è scambio di denaro!

“Quindi perché questi token dovrebbero essere tassati?”, chiede il DEF.

L’argomento centrale, quindi, si basa proprio sul fatto che gli AirDrop non implicano alcun investimento finanziario da parte dei beneficiari e per questo non dovrebbero essere considerati transazioni di titoli mobiliari:

“Nonostante Beba si sia impegnata (e prevede di continuare a impegnarsi) in una serie di attività che sono effettivamente conformi alle leggi sui titoli mobiliari, la politica della SEC le ha comunque considerate illegali…” – ha concluso un portavoce di DEF, non senza lasciare trapelare un certo sarcasmo.

Tassazione degli AirDrop in Italia?


Rullo di tamburi… La risposta è no.

Al momento non ci sono leggi ufficiali sulla tassazione degli AirDrop nel nostro Paese, solo “ipotesi” relative alla legislazione europea e che possiamo riassumere così:

Gli AirDrop “gratuiti”, ossia quelli ricevuti senza alcuna contropartita e senza fornire alcun “servizio o sforzo”, non sarebbero soggetti all’Imposta sul Reddito al momento della ricezione.

Questo principio si applica a tutti i tipi di AirDrop. Di contro i Bounties, che rappresentano una ricompensa in cambio di un’azione, sarebbero considerati un reddito imponibile.

C’è anche un’area di incertezza in cui alcuni investitori potrebbero essere tentati di non dichiarare i propri AirDrop. Tuttavia, è consigliabile dichiararli al momento della vendita, anche se ciò potrebbe complicare le cose.

In linea di massima è probabile che l’Italia possa adottare lo stesso sistema del Regno Unito che, alla fine, sembra meno drastico di quello americano:

Va comunque fatto presente che la saga della tassazione delle criptovalute è solo all’inizio un po’ in tutto il mondo, Italia compresa, ma promette di avere sviluppi interessanti, già a cominciare dall’esito del processo SEC vs Beba.

In Europa, è il Regno Unito a dettare legge, il che dovrebbe fortemente ispirare i suoi vicini europei…

Quindi, è davvero possibile tassare gli AirDrop? Al momento l’impressione è che non sia possibile e questa nostra affermazione è avvalorata dal pensiero di molti operatori del settore. Ma la parola “fine” a questa vicenda è ancora ben lungi dall’essere scritta…

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