Il futuro delle community online passerà dai social decentralizzati?

Laura Di Maria
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Si chiamano DeSo, sono i social decentralizzati e cercano di smuovere le acque di un settore sotto stretto controllo di un monopolio di attori molto potenti.

L’obiettivo della decentralizzazione delle piattaforme social è ridefinire il modo in cui ci connettiamo online con amici e gente che condivide i nostri stessi interessi.

Oggi i social tradizionali sono il mezzo abituale per generare coinvolgimento in una community di persone che sanno di avere qualcosa in comune. Qui ci si scambia idee e si dà voce a nuove istanze di portata globale. Ma mentre scorriamo i nostri feed non possiamo non chiederci: esiste un modo migliore per fare tutto questo?

Si avvicina l’era del controllo lato utente


Di DeSo si parla da parecchi anni. In pratica si cerca di rispondere al crescente malcontento nei confronti del modo in cui i colossi del tech intendono concetti come privacy, pregiudizi politici, autonomia decisionale e contenuti dannosi proposti sulle loro piattaforme.

In cosa consiste questa decentralizzazione? Semplificando, al contrario delle piattaforme centralizzate, i social decentralizzati usano server indipendenti o blockchain, offrendo agli utenti maggiore controllo e trasparenza. La conseguenza diretta è un maggior controllo su ciò che si crea e soprattutto una migliore gestione dei propri dati e dei contenuti personali.

L’illusione della proprietà sui social media


Un aspetto che spesso le persone non comprendono del tutto è che non possiedono davvero i contenuti che pubblicano sui social. Ne ha parlato Arie Trouw, CEO di XY Labs, una compagnia nata per facilitare lo sviluppo della tecnologia IoT, ma che si concentra sulla trasmissione di dati con protocolli trustless, quindi anche su blockchain.

“Le foto di Instagram, i tweet e i post di Facebook si trovano tutti su server centralizzati di proprietà di società private, società che potrebbero scegliere di staccare la spina in qualsiasi momento.
I social decentralizzati ribaltano queste regole assurde e garantiscono agli utenti assoluto potere sui contenuti che creano. Di norma tutti possono archiviare i post sui propri dispositivi evitandone la cancellazione o tutelandosi dall’attività di raccolta di dati.”

Esistono già esempi in questo senso che si ispirano al concetto di Fediverse, crasi tra i termini inglesi Federated e Universe. Federato è il termine informatico per definire la natura non centralizzata dei sistemi di archiviazione dati e il meccanismo con cui i diversi nodi comunicano tra loro.

Esempi in questo senso sono Mastodon, di fatto il primo social federato, e Steem, che opera su blockchain. Lo scorso martedì è stato aperto a tutti Bluesky, il social supportato da Jack Dorsey, che insiste molto sui temi della libertà individuale sul web.

C’è quindi un certo interesse nei confronti dei social decentralizzati. Resta alta la barriera all’ingresso, rappresentata da una navigazione più complessa rispetto ai social tradizionali. Inoltre, vista la loro natura embrionale, sono ancora carenti di funzioni interessanti che sono la norma altrove.

Cosa abbiamo imparato dal Web2


Ci vorrà tempo prima di vedere realizzato a pieno il potenziale di questo nuovo modo di intendere i social. Ci troviamo ancora in una fase sperimentale, un po’ come succedeva durante i primi 2000 con gli esordi del Web2.0.

Christian Quiver, CEO del social decentralizzato League.Tech, ricorda che in quel periodo nessuno avrebbe potuto prevedere chi l’avrebbe spuntata tra Facebook, MySpace e le altre piattaforme social.

“Alla fine, l’avvento dei sistemi centralizzati ha dato vita a piattaforme che si sono limitate a estrarre dati degli utenti e non hanno riconosciuto loro occasioni per monetizzare.”

Col Web3, i creator possono ottenere un guadagno diretto dal loro pubblico senza dover ricorrere alla vendita di pubblicità o al data mining, così da alimentare la fiducia nei confronti di un ambiente decentralizzato.

Accelerare il tasso di adozione


Per lo sviluppo del Web3 vale un principio già noto ai fedelissimi della community crypto: se il tasso di adozione non cresce, è improbabile che lo farà il modello della DeSo.

Serve che l’esperienza d’uso si riveli all’altezza delle aspettative. Solo così i nuovi format social attireranno utenti e consentiranno lo sviluppo di funzioni utili.

Christopher Bouzy, CEO del sito di microblogging Spoutible, ha notato che la maggior parte degli utenti dà importanza alla funzionalità, all’interfaccia utente e alla facilità d’uso. Più che agli aspetti tecnici con cui operano le piattaforme.

“Le piattaforme decentralizzate, per via della loro natura, richiedono una lunga curva di apprendimento e dominarne le funzioni può essere una sfida, specie rispetto alle controparti centralizzate. Questo aspetto può rappresentare un ostacolo significativo alla diffusione del tasso di adozione.”

Juan Bruce, co-fondatore della società dedicata ai social media Web3 DSCVR, è d’accordo. In particolare spiega che è importante fornire un’esperienza utente al pari o migliore rispetto alle piattaforme social tradizionali e centralizzate. Ha affermato:

“Gli utenti devono avere buone ragioni per dedicare il proprio tempo e impegno passando da un social tradizionale a un’alternativa decentralizzata. Uno degli elementi chiave è offrire incentivi basati solo sulla tecnologia blockchain.”

Inoltre ha ribadito l’importanza di operare su blockchain ad alte prestazioni come Solana, che consentono transazioni rapide e poco costose.

La solidità finanziaria del modello DeSo


Le piattaforme DeSo dovrebbero valutare le alternative disponibili per generare entrate. Alcuni esempi sono la SocialFi oppure piccole somme in abbonamento per accedere a vantaggi extra.

Sono tutte occasioni di monetizzazione interessanti, in teoria. In pratica non è detto che riusciranno a generare un flusso di entrate solido nel lungo periodo.

Kevin Lu, CEO di Friendzone, piattaforma che dovrebbe debuttare su Polygon, ha dichiarato: “Affinché un’applicazione social decentralizzata possa sostenersi finanziariamente, deve creare valore di per sé e utilità superando il concetto di speculazione, cosa che non abbiamo ancora visto”.

Ha parlato dell’emergere di piattaforme come Farcaster, che offrono un protocollo open per creare funzioni da integrare ai social. Invece, Lens fornisce grafici decentralizzati mentre Friendzone propone un protocollo modulare per favorire l’accumulo di valore.

Tutte queste piattaforme mettono sul piatto temi molto caldi. Elementi legati a proprietà, trasparenza, verificabilità e incentivi possono determinare la futura direzione dello sviluppo del web.

La vecchia guardia 2.0 non è ancora pronta a cedere il posto su questo fronte e lotta per mantenere lo stato di cose attuale.

Ryan Lee, capo analista di Bitget Research, ha affermato che la monetizzazione delle piattaforme DeSo dipende in primo luogo dalla liquidità dei loro token nativi. Secondo lui, le piattaforme dovrebbero invece dare priorità alle funzionalità, la semplicità d’uso e favorire la generazione di una monetizzazione alternativa.

“La DeSo restituisce il controllo ai creatori di contenuti e agli spettatori, sia in termini di monetizzazione che di censura.”

Per quanto la DeSo sembri promettente, superare le sfide legate alla sostenibilità finanziaria, alla governance, alle normative e all’esperienza d’uso lato utente è prioritario per realizzare il suo pieno potenziale.

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