La Fake News sull’ETF di Bitcoin è costata 154 milioni di dollari agli investitori!

Christian Boscolo
| 2 min read

Chi segue giornalmente il mondo delle criptovalute avrà senz’altro vissuto momenti emozionanti nella giornata di ieri quando la notizia dell’approvazione dell’ETF su Bitcoin, rivelatasi una fake news, ha fatto schizzare il valore di BTC da 27mila a 30mila dollari in pochi minuti.

Quando sono arrivate le verifiche e le conseguenti smentite, BTC è di nuovo sceso intorno ai 28mila dollari. La falsa notizia ha avuto ricadute finanziarie importanti, si stimano liquidazioni (ovvero la chiusura forzata per mancanza di capitale di una posizione di trading) pari a 154 milioni di dollari.

Che cosa è successo?


Tutto nasce da un messaggio su X (Twitter) pubblicato da una famosa testata online che ha anche una versione italiana: Cointelegraph. Affermava che l’ETF Spot su Bitcoin era stato approvato dalla SEC.

Il post è stato successivamente cancellato e sostituito con l’aggiunta della dicitura: Reportedly, ovvero, secondo quanto riferito.

Come spiega lo stesso Cointelegraph in un lungo articolo, scusandosi con il suo pubblico, si è trattato di un errore in buona fede compiuto dal team che si occupa dei loro social network.

Come può capitare in questi casi, l’ansia di voler riportare una notizia così succulenta ha prevalso sulla prudenza. La notizia non è stata verificata come vorrebbe la loro policy interna.

L’incidente, che ha portato a un danno economico ingente a diversi investitori, dimostra ancora una volta la volatilità del mercato crypto e di come sia condizionato dal sentiment, che spesso corre sui social network.

Quello che è successo dimostra anche che l’informazione è più sicura se viaggia attraverso i siti online, molto più affidabili dei social. Un errore del genere, ovvero la pubblicazione di un articolo senza verificare la fonte, non sarebbe stato possibile anche per una questioni di tempi, oltre che di controlli.

L’informazione in Italia deve crescere


Curiosa anche la posizione della stampa italiana, quella specializzata, che non ha riportato il nome della testata responsabile del post.

Basta fare un giro sulle più famose testate online italiane dedicate alle crypto per rendersi conto che stiamo dicendo la verità.

Eppure, chi esercita questa professione dovrebbe saperlo, una scelta di questo tipo è inaccettabile oltre che giornalisticamente errata. Il nome della testata che ha dato origine alla vicenda non è un orpello che si può omettere, visto che della notizia è il soggetto portante.

Avete presente le 5 domande che dovrebbe porsi un giornalista?

  1. Who? (Chi?)
  2. What? (Cosa?)
  3. Where? (Dove?)
  4. When? (Quando?)
  5. Why? (Perché?)

Anche perché, come abbiamo più volte sottolineato in questo articolo, l’intento non è denigratorio ma esclusivamente legato alla completezza dell’informazione. Gli errori li commettono tutti, basta essere trasparenti e tempestivi nello spiegare a posteriori gli avvenimenti.

I comportamenti corporativistici non fanno onore alla professione e dimostrano come ci sia ancora molto da lavorare per quanto riguarda l’informazione sulle criptovalute in Italia.

Anche perché la stampa straniera, altra circostanza che potete facilmente verificare, non ha avuto alcuna remora a pubblicarla.

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