Conviene ancora lo staking delle crypto?

Christian Boscolo
| 3 min read

La blockchain e le criptovalute offrono diversi metodi per investire i propri fondi in cambio di rendimenti. Oltre al trading classico, ovvero guadagnare sulla compravendita delle crypto, esistono anche metodi più semplici e, in teoria meno rischiosi, come ad esempio lo staking.

Che cos’è lo staking di criptovaluta?


Ogni blockchain per il controllo dei suoi blocchi utilizza i cosiddetti nodi validatori.

Si tratta di responsabili designati al controllo della chain che per ottemperare a questo importante compito mettono in “stake” (letteralmente in gioco, ndr) i propri fondi a garanzia del loro comportamento onesto. In cambio ricevono delle ricompense nella valuta che stanno validando.

Mettere in staking vuol anche dire “bloccare” per un periodo di tempo stabilito i vostri fondi, che non potranno essere ritirati prima della data prevista.

Se questa è la spiegazione tecnica (semplificando un bel po’) cosa succede lato investimento?

Mettere in staking: DeFi o exchange?


Ad oggi esistono due modi per mettere in “staking” le proprie crypto. Da una parte c’è il mondo DeFi (tramite i wallet tipo Metamask e i DEX) e dall’altro quello degli exchange come Binance o Coinbase (CEX), giusto per citare i più famosi.

Il mondo DeFi è molto più complesso e consigliato solo ad utenti esperti. Qui il processo di staking è più o meno diretto visto che possiamo addirittura scegliere a quali nodi di validazione affidare i propri token.

In cambio riceveremo le ricompense proprio come i validatori e saranno più sostanziose di quelle che avremmo ricevuto sugli exchange.

Molti di voi avranno invece utilizzato lo staking attraverso gli exchange che è molto più semplice. Basta decidere quale token “bloccare”, per quanto tempo, e verificare la ricompensa/interesse che riceveremo.

In pratica il meccanismo è lo stesso, ma qui l’exchange si occupa di tutto e voi non dovrete fare null’altro. Ovviamente per questo “servizio” trattiene una percentuale della vostra ricompensa.

Lo staking delle crypto conviene?


Prima di arrivare al nocciolo della questione concedetemi una piccola ma importante divagazione.

Negli anni scorsi lo staking, soprattutto sulle piattaforme DeFi, ha conosciuto un periodo di forte speculazione.

Token dai nomi improbabili promettevano APY (così vengono chiamate le ricompense – che poi è il rendimento percentuale annuo) fino al 200-300% a patto di tenerli bloccati per periodi sempre più lunghi.

Nella gran parte dei casi si trattava del classico schema Ponzi con il valore del token che crollava nel giro di pochi mesi/giorni.

Infatti, una cosa da tenere sempre a mente, è che dallo staking si riceve una ricompensa nella crypto che abbiamo investito.

In pratica se mettiamo in staking 1.000 euro di Ethereum con un APY del 5%, a fine anno (anche se i pagamenti nelle crypto sono addirittura giornalieri) riceveremo un valore di 50 euro, ma saranno 0,026 ETH.

Capito questo ragionamento, è anche più facile capire il perché dei diversi rendimenti di staking.

Investire in una crypto poco conosciuta e a bassa capitalizzazione offrirà APY molto alti ma riceverete in cambio una valuta instabile e probabilmente molto “inflazionata”.

Vi svelo infatti un altro piccolo segreto.

Anche le crypto hanno il loro tasso di inflazione visto che ne vengono generate di nuove ogni giorno, con divere modalità a seconda della chain. Bitcoin è invece una criptovaluta deflazionaria perché la sua scarsità aumenta giorno dopo giorno.

Ma torniamo al discorso di prima. Un altro problema dello staking è che le criptovalute rimangono bloccate per un certo periodo di tempo stabilito a priori. Di solito più è lungo il periodo, maggiore sarà la ricompensa.

Questo ovviamente espone ai cali di prezzo. Facciamo un esempio concreto.

CAKE, il token di utilità del DEX PancakeSwap, in passato offriva rendimenti fino al 24%. Il calcolo è presto fatto. Con 1.000 dollari a fine anno il rendimento sarebbe di 240 dollari, pari a (per un valore di CAKE di 5 dollari)  48 CAKE.

Un anno fa Cake valeva 5 dollari, oggi vale 1,54 dollari. Alla fine dell’anno vi ritroverete dunque con 48 CAKE, il cui valore sarà però di 48×1,54= 73,92 dollari. Meno di un terzo di quanto preventivato!

Conclusioni


Per rispondere alla domanda iniziale: conviene investire nello staking? Ad oggi, per esperienza personale, non penso che lo staking sia la soluzione più conveniente. Gli APY si sono abbassati rispetto a un anno fa e i rendimenti correnti non valgono il rischio.

Oltre alla normale inflazione scritta nella tokenomics, le crypto possono soffrire di cali di prezzo significativi anche repentini.

L’impossibilità di vendere una crypto in un momento critico è una grave penalizzazione e potrebbe compromettere il capitale iniziale.

Pensate ad esempio all’impossibilità di vendere LUNA o UST durante il grande crollo, o altre criptovalute nel momento in cui la SEC le indica come titoli azionari.

Insomma, il gioco non vale la candela. Nemmeno quella che va tothemoon!

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