Congelati i beni di Craig Wright, l’ingegnere che sosteneva di aver inventato Bitcoin

Laura Di Maria
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Craig Wright è un impostore, l’ha stabilito con una sentenza emessa lo scorso 15 marzo dall’Alta Corte di Londra che ha respinto quanto da anni ha sostenuto l’informatico australiano.

Ora il giudice ha emesso un’ordinanza affinché tutti i beni di Wright siano congelati per impedirgli di eludere il pagamento delle spese processuali.

Craig Wright ha sostenuto il falso ed è tenuto al pagamento delle spese processuali


Lo scorso 15 marzo, il giudice ha emesso una sentenza a sfavore di Craig Wright, l’informatico australiano che per anni ha sostenuto di essere il vero Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dietro il quale si nasconde l’autore del software di Bitcoin.

Secondo la sentenza dell’Alta Corte di Londra, non esistono prove sufficienti per dimostrare che quanto sostiene Wright corrisponda a verità. Quindi il tribunale ha emesso le relative ordinanze a seguito della sentenza, compreso il congelamento dei beni di Wright.

Il giudice ha emesso l’ordine che di fatto ha bloccato 6 milioni di sterline, più di 7 milioni di euro, appartenenti a Craig Wright impedendogli di trasferirli offshore. Questo quanto si legge dagli atti depositati lo scorso giovedì.

Negli atti si legge la dichiarazione del giudice James Mellor che specifica: “Ieri ho concesso un ordine di congelamento mondiale (“WFO”) per un importo di 6 milioni di sterline, a seguito di una richiesta presentata dalla Crypto Open Patent Alliance (“COPA”) contro il dottor Craig Wright”.

Il giudice ha tenuto conto dei precedenti di morosità di Wright sugli ordini di pagamento


Da anni Craig Wright sosteneva di essere il misterioso inventore di Bitcoin, sulla cui identità continua ad aleggiare un forte alone di mistero. La sentenza è stata emessa dopo che la Crypto Open Patent Alliance (COPA) si è rivolta al tribunale per contestare le affermazioni di Wright.

Dopo aver ascoltato le varie testimonianze, comprese quelle di alcuni del nucleo originale di ingegneri informatici che lavorarono al progetto Bitcoin, il giudice Mellor ha emesso la sentenza. Lo scorso 14 marzo ha affermato che le affermazioni di Wright non sono vere e che non è lui l’autore del white paper di Bitcoin o delle versioni iniziali del software.

Lo stesso Wright è comparso davanti alla corte sottoponendosi a interrogatori per una settimana a febbraio.

A sollevare i sospetti del giudice di tentata elusione delle spese processuali è stato il tentativo di Wright di trasferire le azioni della sua società RCJBR Holding a DeMorgan, un’entità con sede a Singapore.

Il trasferimento è avvenuto poco dopo la sentenza, così da giustificare i sospetti della corte. Le spese a carico di Wright ammontano a circa 6,7 milioni di sterline.

Come si legge nella sentenza emessa dal giudice Mellor, in passato Wright ha già eluso le ordinanze di pagamento e per questo ritiene possibile che Wright possa occultare i propri beni per evitare di adempiere ai suoi obblighi finanziari.

Il giudice ha accolto la richiesta del COPA di sostenere gli ingenti costi legali, riconoscendo il rischio di inadempienza di Wright.

Craig Wright non è Satoshi


La sentenza secondo cui Craig Wright non è Satoshi è arrivata dopo che tutti i testimoni sono stati ascoltati. La causa è stata intentata dal COPA, la Crypto open patent alliance. L’organizzazione si è prodigata per evitare le nefaste conseguenze di una sentenza a favore di Wright.

COPA, un’organizzazione che si occupa della promozione dell’adozione e del progresso delle tecnologie crypto, insiste anche sulla necessità di rimuovere i brevetti che ostacolano la crescita e l’innovazione nel comparto blockchain. Se Wright fosse riuscito a rivendicare l’identità di Nakamoto avrebbe finito coll’appropriarsi del codice e tutto quello che ne consegue in termini di libertà di circolazione e sviluppo, non solo di Bitcoin.

Durante il processo sono emerse numerose accuse di falsificazione di documenti da parte di Wright. Per provare di essere il fondatore di Bitcoin l’imputato ha falsificato documenti e si è contraddetto più volte quando sono emerse incongruenze nella sua esposizione dei fatti.

In particolare, il COPA ha accusato Wright di aver perpetrato un complesso inganno. L’imputato ha mentito sulla propria identità e ha prodotto una serie di documenti falsi per confermare le sue tesi.

Le prove presentate durante il processo hanno dipinto un quadro articolato delle bugie che Wright avrebbe messo in piedi in “scala straordinaria”.

Nel contesto dell’indagine è stato ribadito un altro elemento a sostegno di una vecchia tesi. Nakamoto potrebbe non essere un singolo individuo ma un gruppo. A riprova di questa ipotesi un dettaglio emerso dalla rilettura attenta del white paper originale di Bitcoin. Qui di fa riferimento alla prima persona singolare, l’inglese I, e la prima persona plurale, we.

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