La DeFi presto entrerà a Wall Street

Marcello Bonti
| 4 min read

Le società di Wall Street negli ultimi tempi hanno mostrato particolare interesse per le criptovalute. La recente vittoria di Grayscale sulla Securities and Exchange Commission statunitense, insieme alla richiesta da parte di BlackRock di approvazione di un ETF spot sul Bitcoin hanno innescato il cambiamento del sentiment rispetto al mercato crypto.

Diverse società, tra cui Valkyrie, Bitwise, WisdomTree e Invesco, hanno rapidamente seguito l’esempio e presentato i propri ETF.

In generale la finanza tradizionale abbraccia con sempre maggiore interesse la tecnologia crypto. Un esempio è Deutsche Bank, che gestisce un patrimonio complessivo da 1.400 miliardi di dollari, che ha chiesto la licenza per i servizi di custodia crypto.

Di recente è stato lanciato EDX Markets, un nuovo exchange crypto sostenuto da Citadel, Fidelity e Charles Schwab. Altro esempio eclatante è PayPal che ha appena lanciato una propria stablecoin.

Le crypto sono pronte per soddisfare le aspettative della finanza tradizionale?


La risposta è positiva, ma quanto è pronto il settore per questa sfida?

A incidere sulle possibili risposte a questa domanda sono fattori esterni al settore crypto in sé. Per esempio, manca ancora la necessaria chiarezza normativa, la solidità dei fornitori di infrastrutture e dei market maker. Ognuno di questi aspetti è cruciale per poter trattenere l’interesse degli investitori istituzionali perché sono il presupposto necessario per mercati sani, equi e integrati.

In generale, la finanza centralizzata è pronta per Wall Street.

Se si pensa invece agli esempi di CeFi, la finanza centralizzata, quindi operatori come Coinbase e Gemini, il grado di prontezza è ancora maggiore. Nel caso della CeFi la maggior parte delle infrastrutture operative si trovano su Web2, quindi già pronte per gestire in scala le operazioni di Wall Street.

Anche sul piano normativo c’è maggiore chiarezza per quanto riguarda questo tipo di operatori per quanto rimangano ancora dei punti irrisolti.

La DeFi sul campo da gioco


La DeFi rappresenta un ambiente in grado di svolgere due ruoli diversi nei mercati delle criptovalute. Definisce le regole per l’erogazione di servizi non depositari che mantengono alcuni aspetti di centralizzazione (qui definita “DeFi di backend”). Ma può anche essere puramente decentralizzata (“DeFi pura”).

Nel primo caso della DeFi come livello di regolamento, la DeFi di backend, si tratta di una funzione simile a quella della CeFi. Quest’ambito operativo prevede ancora una certa supervisione centralizzata, cosa che risuona meglio con l’approccio della finanza tradizionale.

Molti servizi DeFi di backend, o secondo livello, possono garantire velocità e costi adeguati alle operazioni di Wall Street. Inoltre dispongono di market maker che forniscono una liquidità subito disponibile e sono in grado di gestire grandi volumi. La loro capacità di supervisione consente inoltre di rispettare le normative locali.

Il processo di due diligence potrebbe essere più lungo quando si tratta di ottenere il via libera da parte delle grandi istituzioni. Tuttavia, la piena accettazione della DeFi di backend da parte degli istituti è solo una questione di prospettiva e di comprensione della tecnologia e della sicurezza che ne stanno alla base.

C’è sicuramente del potenziale anche per la DeFi pura. Tuttavia, la situazione potrebbe essere leggermente diversa rispetto alle alternative meno decentralizzate.

Quando parliamo di DeFi pura, parliamo di protocolli che funzionano in modo prevalentemente decentralizzato e senza permessi, come Uniswap o Curve Finance. Questo settore rappresenta il più grande cambiamento di paradigma, ma al tempo stesso è ancora il più lontano dall’essere pronto per l’adozione istituzionale.

I protocolli DeFi puri sono ancora soggetti a troppi fattori di rischio a causa della natura sperimentale della loro infrastruttura. L’exploit di Curve Finance ne è un esempio recente. Si tratta di uno scenario probabilmente troppo rischioso per la maggior parte degli investitori istituzionali, che non sono pronti ad affidare la sicurezza dei loro fondi al solo software. Ci sono anche sfide normative che derivano dalla loro natura permissionless.

La prevendita di Bitcoin BSC raccoglie 1,5 milioni di dollari


Un fenomeno che si è recentemente affermato nel settore delle crypto è la comparsa di diversi progetti ispirati a Bitcoin. Si tratta di altcoin che si ispirano per nome e tokenomic a quella originale della principale criptovaluta.

L’ultimo progetto simile sul mercato è la prevendita di Bitcoin BSC (BTCBSC), un token basato sulla Binance Smart Chain. Le caratteristiche principali del token BTCBSC sono i tempi di transazione rapidi, meno di cinque secondi, e i bassi costi di commissione, appena 0,10 centesimi di dollaro per ogni transazione.

L’ulteriore vantaggio di Bitcoin BSC, rispetto all’originale Bitcoin, è la possibilità di guadagnare un reddito passivo grazie al meccanismo di staking che offre un APY molto elevato, fino a 21000%.

Il 69% dell’offerta totale dei token BTCBSC sarà distribuito come ricompense per lo staking, incentivando così la detenzione a lungo termine e sacrificando la volatilità a favore di una crescita costante e stabile.

La prevendita di Bitcoin BSC ha già raccolto più di 2 milioni di dollari, ma si tratta di un’opportunità limitata nel tempo in quanto offre soltanto il 29% della fornitura totale di token, a un prezzo unitario di appena 0,99 centesimi di dollaro.

Per ulteriori informazioni su come partecipare alla prevendita, vi invitiamo a consultare la nostra guida per acquistare Bitcoin BSC, adatta anche ai meno esperti.

Le criptovalute sono altamente volatili e non regolamentate. Nessuna tutela del consumatore. Potrebbe essere applicata una tassa sugli utili.

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