Evasione fiscale? Tedeschi e inglesi sono peggio degli italiani!

Lucio Prosperi
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“In questo mondo nulla è certo tranne la morte e le tasse”, disse Benjamin Franklin. Ed è ancora così.

Con la differenza che molti miliardari non sono ancora riusciti a diventare immortali (ci stanno lavorando…) ma sicuramente sono diventati molto abili nello sfuggire al fisco.

Negli ultimi decenni, la globalizzazione ha aperto nuove possibilità di evasione, anche attraverso crypto su cui investire, sfruttate da multinazionali e individui in tutto il mondo. Per troppo tempo questa evasione è stata accettata come una parte inevitabile della natura umana e un sottoprodotto della globalizzazione.

Ma l’evasione fiscale e, più in generale, l’elusione fiscale, non sono inevitabili; sono il risultato di scelte politiche o, per meglio dire, del fallimento delle decisioni politiche che dovrebbero contrastarle.

Uno degli aspetti che maggiormente dovrebbero farci indignare è che le entrate che sarebbero raccolte se mettessimo un freno all’evasione e all’elusione sarebbero cruciali per le società.

Perché aiuterebbero le nazioni di tutto il mondo ad affrontare con maggiori risorse le sfide dei cambiamenti climatici, delle pandemie e delle disuguaglianze, permettendo di effettuare investimenti essenziali in educazione, salute, infrastrutture e tecnologia.

Ma c’è in gioco qualcosa di più. Se i lavoratori dipendenti o precari non credono che tutti stiano pagando la propria giusta quota di tasse e, soprattutto, se vedono i ricchi e le grandi aziende non pagare in proporzione, allora perché dovrebbero consegnare allo Stato i loro sudati risparmi quando i miliardari non lo fanno?

Questa evidente disparità fiscale mina il corretto funzionamento della nostra democrazia; approfondisce le disuguaglianze, indebolisce la fiducia nelle nostre istituzioni ed erode il contratto sociale.

Il Rapporto Globale sull’Evasione Fiscale


Preparato dallo staff dell’Osservatorio Fiscale dell’UE, un laboratorio di ricerca creato nel 2021 con una competenza unica in materia di questioni fiscali internazionali, Rapporto Globale sull’Evasione Fiscale riepiloga il lavoro condotto da oltre 100 ricercatori in tutto il mondo.

Vediamo insieme alcuni dei dati più interessanti che emergono.

Negli ultimi anni si è assistito all’emergere di una nuova forma di cooperazione internazionale: lo scambio automatico di informazioni bancarie.

Dal 2017-18, la maggior parte dei centri finanziari offshore invia automaticamente informazioni sugli account gestiti dalle loro istituzioni finanziarie alle autorità fiscali del Paese di residenza dei titolari degli account. Si tratta di una svolta radicale rispetto alla situazione di segretezza bancaria quasi completa che prevaleva in precedenza.

Prima dello scambio automatico di informazioni bancarie, l’evasione fiscale offshore da parte di individui ricchi era un problema significativo. Nei primi 10 anni del 2000, secondo le stime disponibili, il 90%-95% della ricchezza finanziaria offshore non veniva segnalato alle autorità fiscali, comportando ingenti perdite di entrate fiscali.

Questa forma di evasione è molto più difficile da compiere oggi rispetto al passato grazie a un ambiente normativo diverso. Oltre 100 paesi hanno infatti accettato di scambiare automaticamente informazioni sui conti finanziari nell’ambito dello Standard Comune di Reporting (CRS) dell’OCSE, e le banche di tutto il mondo devono inviare informazioni sui conti dei cittadini alle autorità fiscali ai sensi del Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA).

Circa 12,6 trilioni di dollari di ricchezza offshore sono stati segnalati alle autorità fiscali estere nel 2022 nell’ambito del CRS, riducendo drasticamente la possibilità di nascondere conti offshore.

Detto questo, è ancora possibile possedere attività finanziarie che sfuggono alla segnalazione, sia a causa della mancata conformità da parte delle istituzioni finanziarie offshore sia delle limitazioni del CRS.

Recenti ricerche hanno evidenziato come diversi individui, che un tempo nascondevano attività finanziarie in banche offshore, abbiano sfruttato le “pieghe del sistema” per spostare gli investimenti su attività non coperte, soprattutto immobili.

1 trilione di dollari di profitti registrati nei paradisi fiscali


Lo spostamento di profitti verso i paradisi fiscali è il processo attraverso il quale le aziende multinazionali registrano profitti in Paesi relativamente a bassa tassazione, al di là di quanto possa essere spiegato dalla loro attività effettiva in questi Paesi. Come ci riescono?

Possono manipolare i prezzi di esportazione e importazione intra-gruppo, noti come prezzi di trasferimento. Per esempio, una controllata situata in un Paese ad alta tassazione può acquistare servizi (consulenze gestionali o servizi finanziari) da una controparte correlata in un Paese a bassa tassazione a un prezzo artificialmente elevato. Questa operazione sposta il reddito dal Paese ad alta tassazione a quello a bassa tassazione.

In secondo luogo, le multinazionali possono utilizzare prestiti e mutui intra-gruppo, con affiliati in Paesi ad alta tassazione che prendono in prestito denaro da parti correlate in Paesi a bassa tassazione.

Infine, le aziende possono posizionare strategicamente asset immateriali, come marchi, proprietà intellettuale e loghi, nei paradisi fiscali e addebitare alle controllate in Paesi ad alta tassazione il diritto di utilizzare tali asset. I corrispondenti pagamenti di royalty riducono il reddito nei Paesi ad alta tassazione e lo aumentano nei paradisi fiscali.

Per fare qualche numero, nel 2022 i profitti aziendali globali ammontavano a circa 16 trilioni di dollari (cioè circa il 19% del reddito globale). Di questi, circa 2,8 trilioni erano profitti esteri, ovvero realizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese della loro sede centrale.

Questo numero include i profitti registrati da Apple al di fuori degli Stati Uniti, da BMW al di fuori della Germania, da Toyota al di fuori del Giappone, ecc.

Di questi 2,8 trilioni, circa 1 trilione è stato spostato verso i paradisi fiscali, ovvero registrato dalle aziende multinazionali in Paesi a bassa tassazione al di là di quanto possa essere spiegato dalla loro presenza in questi paradisi fiscali.

Chi evade di più in Europa?


Nel nostro immaginario collettivo, l’Italia è da sempre ritenuta – in buona parta, a ragione – la patria degli evasori. Di contro ci sono una serie di nazioni che hanno la nomea di essere virtuose da questo punto di vista. La Germania su tutte. Ma anche la Gran Bretagna.

Ebbene, la mappa che vedete qui sopra – che è stata realizzata dall’EU Tax Observatory – dipinge un quadro che si discosta parecchio dai luoghi comuni, con Germania e Gran Bretagna che indossano la maglia nera dei Paesi con la percentuale maggiore di evasione fiscale da parte delle aziende. Rispettivamente del 26% e del 25%.

La tanto bistrattata Italia si posiziona al 13%, in linea con la maggior parte degli altri Paesi europei.

Una piccola soddisfazione che non elimina certo il problema dell’evasione fiscale nel Belpaese, con nessun Governo che sembra avere gli strumenti necessari ad arginarlo. Con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti…

 

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