Il Venezuela vieta il mining di criptovalute

Sauro Arceri
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A marzo, le autorità di regolamentazione del Venezuela hanno ordinato di bloccare il mining di criptovalute dopo un’indagine su uno schema di corruzione in cui i portafogli di criptovalute reindirizzavano i pagamenti dovuti alla compagnia petrolifera statale Petróleos de Venezuela.

Finora, in relazione a questo scandalo petrolifero, sono state arrestate circa 80 persone tra cui figurano anche personalità di spicco, come l’ex ministro della tecnologia Hugbel Roa e Joselit Ramírez, che gestiva la sovrintendenza alle criptovalute.

Le conseguenze del protrarsi del blocco del mining però, che dura ormai da quasi tre mesi, stanno danneggiando altri minatori che non hanno nulla a che vedere con lo scandalo e che potrebbero essere costretti a vendere i loro impianti e chiudere definitivamente.

Le autorità di regolamentazione agiscono in controtendenza alla volontà di Maduro


Le autorità di regolamentazione venezuelane hanno agito in direzione opposta rispetto al presidente Maduro, che aveva invece favorito l’adozione delle criptovalute e in particolare del token sovrano Petro, emesso dal governo, come strumento per aggirare le sanzioni e come alternativa al bolivar venezuelano.

Bloomberg riporta che Alexis Lugo, IT Specialist venezuelano che lavora nel settore degli asset digitali da sette anni e che ora guida un progetto educativo sulle criptovalute chiamato Criptoneros, ha dichiarato:

“È un peccato che dopo aver affrontato tanti problemi per formalizzare e fare le cose per bene, ora ci troviamo in questa situazione”.

Secondo le stime dei gruppi di crypto mining, sono state scollegate circa 75.000 unità di attrezzature estrattive, l’equivalente di un’intera flotta di macchine di proprietà di una società mineraria di grandi dimensioni quotata in borsa, come Riot Platforms tanto per fare un esempio.

La polizia continua le indagini, ma per ora a pagare sono solo gli innocenti


Il rapporto aggiunge inoltre che la sezione di intelligence della polizia venezuelana, nota come Sebin, sta controllando i minatori per assicurarsi che i fondi utilizzati per l’acquisto di attrezzature non provengano dallo schema di corruzione del petrolio.

Tuttavia, fino al momento in cui riportiamo la notizia, non risulta che nessun minatore sia stato arrestato o accusato di un crimine.

Juan Blanco, amministratore delegato di BitData, una società di 10 minatori di criptovalute di Caracas che si occupa anche di formazione sulle criptovalute, ha dichiarato:

“Gli innocenti stanno pagando per i peccati dei colpevoli”.

L’industria del mining di criptovalute è in difficoltà in tutto il mondo (o quasi)


Il divieto di mining di criptovalute imposto dalle autorità di regolamentazione del Venezuela arriva in un periodo difficile per i minatori di tutto il mondo, che stanno già affrontando seri problemi come la diminuzione delle ricompense di estrazione di Bitcoin (BTC), l’aumento della difficoltà di estrazione e l’incremento nei costi dell’elettricità.

Nel dicembre dello scorso anno, Core Scientific, il più grande miner pubblico di Bitcoin per potenza di calcolo, ha presentato istanza di fallimento.

All’epoca, la società aveva attribuito il suo fallimento a un debito di 7 milioni di dollari non pagato da Celsius Network, una società di prestiti di criptovalute fallita, oltre al crollo dei prezzi delle criptovalute e all’aumento dei costi energetici per il mining.

Core Scientific non è stata l’unica società di mining di criptovalute a trovarsi in difficoltà a causa della flessione del mercato; Anche altre importanti società di mining di Bitcoin, tra cui Argo Blockchain, Iris Energy e Greenidge Generation, stanno affrontando problemi finanziari.

In altri Paesi le condizioni sono migliori


Nel frattempo, alcuni Paesi stanno adottando un approccio diverso, spingendo per una regolamentazione invece che per un divieto.

All’inizio di questa settimana, il Ministero dell’Energia russo ha annunciato che sta spingendo per la legalizzazione del mining industriale di criptovalute e vuole che i legislatori portino avanti un disegno di legge molto atteso in materia di mining.

Allo stesso modo, il governo del Kazakistan ha annunciato l’intenzione di introdurre nuovi regolamenti sulle criptovalute per arginare le frodi fiscali e le operazioni commerciali illegali.

In un recente rapporto di Hashrate Index, invece, è emerso che la Finlandia offre le condizioni ideali per il mining di Bitcoin: i costi dell’energia sono più bassi, il clima contribuisce a risparmiare ulteriormente sull’apporto energetico e le autorità di regolamentazione del Paese hanno un approccio favorevole.

 

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